Prologo: Prima dell’inizio
Cos'è questo profumo?
Sembra erba...........
Eppure dove abito io l'erba non c'è!
E' alquanto rara su Fresia...............
Come mai sono coricato?
Ah.... ho sentito tremare la terra, sono caduto e poi ho sbattuto la
testa.........
Uffa.......
Mi fa veramente male!
E' morbido il posto dove sono....
Forse la mamma mi ha trovato e messo sul letto, e scommetto che quando apro gli
occhi quel prepotente di Pie mi dà un pugno sulla testa perchè ho fatto
preoccupare la mamma..... Poi scommetto che il piccolo Tart comincerà come suo
solito a tirami i capelli.......
Strano però..... non sento le coperte col profumo della mamma su di me....
Mi gira la testa.......
Devo provare ad aprire gli occhi….
Oddio!
Vedo tutto sfocato!
Mi gira la testa!
Ho anche la nausea!
Bhè, intanto di cosa mi preoccupo?
Ho sonno……
Si sta facendo tutto nero….
Buona notte mamma….
….
….
….
….
….
….
….
Il piccolo Quiche si svegliò di soprassalto quando sentì qualcosa leccargli la
faccia.
Quando capì che non si trovava a casa sua, e certamente quel luogo non
assomigliava a Fresia, cominciò ad avere veramente paura.
Non era il posto di per se a spaventarlo, anzi. Era un bosco verdeggiante dove
gli alberi si stagliavano ritti verso il cielo.
Le foglie di essi si muovevano in una danza silenziosa grazie ad una brezza
leggera.
I fiori sul prato erano di splendidi colori variopinti.
Il profumo delle cose gli riempiva le narici a tal punto da fargli girare ancora
di più la testa.
Il cinguettio degli uccellini era lieve.
La luce del sole era soffusa ed attraversava le foglie donando un’aura magica a
quel posto.
Poi c’era quello strano animale.
Era piccolo e peloso.
Camminava su quattro zampe ed aveva la coda.
Quando provò a toccarlo sentì che era veramente soffice.
Il cucciolo (perché era troppo piccolo per essere un’animale adulto) cominciò a
muovere la coda.
Ma nonostante quel luogo fosse calmo e potesse dare una bellissima sensazione di
tranquillità, lui aveva paura.
Non capiva dove fosse.
Come ci era arrivato.
Perché ci era arrivato.
E soprattutto….. perché era lì da solo.
Piccole lacrime cominciarono a scendere da quei bellissimi pezzi d’ambra.
Gli riempivano il piccolo volto e gli rigavano le guance.
Odiava essere da solo.
Odiava quel posto.
Si raggomitolò su se stesso e si mise seduto sull’erba.
Stingeva le gambe al suo piccolo corpicino con forza.
La creatura che lo aveva leccato poco prima cercava le coccole ma il piccolo
Kisshu non voleva saperne di accarezzarlo.
<<Vattene….>> bisbigliava a fior di labbra il bambino che ogni minuto che
passava sentiva sempre più la morsa della paura attanagliargli il cuore.
<<Vattene via!>> urlò infine.
Il cucciolo indietreggiò un po’ ma poi ritornò a strofinare il musetto sul
braccio tremante del bimbo.
Un fischio potente riempì l’aria della foresta.
L’animale rizzò le orecchie e cominciò a correre lontano dal ragazzo ed
abbaiando a più non posso.
Quiche si guardò intorno.
Non c’era nessuno.
Eppure anche lui, come il cane, aveva sentito fischiare.
Il suo viso da stupito si ritrasformò in triste e sconsolato.
Ricominciò a piangere.
Intanto….
<<Charlie, su vieni bello! Eccoti! Quanto sei bravo!>>
Il piccolo Charlie continuava a leccare il viso della bimba.
Cercava le coccole che il bimbo di prima non gli aveva dato.
Ad un certo punto, essendo stufo di essere stropicciato, abbaiò.
<<Che c’è?>> chiese lei, quasi riuscisse a capire il linguaggio del cane.
Dopo qualche minuto di guaiti ed abbaiamenti vari, la ragazzina annuì.
<<Portami da lui.>>
Corse per un po’ cercando di non infilarsi in mezzo ai cespugli e a non far
impigliare i capelli e la gonna del vestito tra i rami delle piante.
Corsero a più non posso fino a quando non incontrarono un ostacolo. Un albero
maestoso era caduto tempo addietro a causa di un violento temporale che si era
abbattuto sul luogo qualche settimana prima.
Il cane, che era abbastanza piccolo per passare sotto la fessura tra il tronco e
il terreno, dopo aver attraversato quel tragitto, abbaiava alla padroncina che
non sapeva cosa fare.
Prese un respiro profondo e chiuse gli occhi.
Quando gli riaprì quelle due gemme verde mare si trasformarono in due fessure di
tigre bianca.
I suoi occhi ora erano frammenti di ghiaccio.
Ghiaccio con al centro un’iride felino.
Prese la rincorsa e fece un balzo degno di una tigre.
Degno di un drago.
Quell’albero, che doveva essere alto e spesso venti metri, per lei era solo un
misero fuscello.
Ora atterrava con lentezza e maestria sul terreno morbido ed asciutto.
Sulle sue labbra si increspava un sorriso.
<<Portami da lui.>> ripeté di nuovo all’animale ora più carica che mai.
….
….
….
Ormai il cucciolo non correva più.
Oltre ad essere stanco sapeva di essere vicino e quindi non volle far rumore.
Quando lo vide si sentì male per lui.
Era lì che piangeva.
Triste e solo.
Si avvicinò a quel fagotto tremante.
Si sedette vicino a lui che non si accorse di niente.
Lo osservava piangere.
Non sapeva cosa fare con lui.
Non lo conosceva e quindi non sapeva come consolarlo.
Vedeva il suo petto alzarsi ed abbassarsi in modo irregolare.
Si sentiva in colpa.
Il cucciolo li fissava.
Diede una musata alla padroncina che gli fece segno di stare buono.
Ora era stufa di vederlo piangere.
<<Ciao!>> disse.
Il bambino alzò la testa.
Lei gli stava facendo un sorriso dolcissimo nella speranza di renderlo più
tranquillo.
Il piccolo Quiche rimase colpito da quel sorriso. Ma la cosa che più gli piaceva
in quel momento erano i suoi occhi cristallini.
<<Ciao>>-ridisse lei-<<Come ti chiami?>>
Non rispose.
Era troppo intento ad osservare quella creatura tanto simile a lui quanto
diversa.
<< Da dove vieni? Non sei un umano…. E nemmeno un liriano…. Le orecchie sono
simili ma la pelle è troppo chiara…. Sei forse uno strebiano? Non mi sembra…. Di
strebiani ne ho visti tanti…. Hanno i tuoi stessi occhi ma non combaciano le
orecchie….>>
Il ragazzino non capiva cosa stesse dicendo…. Liriano…. Strebiano… Umano…. Che
cosa significava?
Capendo il suo stato d’animo lo osservò un momento.
Sorrise nuovamente per tranquillizzarlo.
<<Io sono Hilarity>> Disse la bambina con sguardo sereno.
<<Chiedo scusa se non mi sono presentata! E tu come ti chiami? Da dove vieni?>>
Calde lacrime scendevano dai suoi occhi.
<<Ho detto qualcosa che non va?>>
Gli asciugò una lacrima con la mano.
Ha la pelle morbida, pensò Quiche.
<<La mia mamma mi dice sempre quando piango che sono mille volte più carina
quando sorrido. Secondo me lo stesso vale per te.>>
Con la sua semplicità stava conquistando pian piano la fiducia del suo nuovo
amico.
Il bimbo cercò di scacciare la tristezza e rispose con un sorriso un po’ tirato.
<<Lo sapevo che eri più carino se sorridevi.>>
<<Grazie.>>
<<Come ti chiami?>> Insistette ancora lei.
<<Io sono Quiche…. Che posto è questo?>> finalmente avrebbe avuto risposta ad
alcune sue domande!
<<Questo è il bosco di Oming, che si trova vicino a casa mia.>>
<<Non ho mai visto un posto del genere. A casa mia non ci sono…. E questo qui….
Che cosa è?>>
Indicò il piccolo Charlie che lo fissava con i suoi occhioni nocciola.
Hilarity rise.
<<Come fai a non sapere che è un cane? Si può sapere da dove vieni? Da Marte?>>
Ridacchiava un pochino.
Quiche fece una smorfia.
Hilarity rideva proprio di gusto.
<<Smettila scema!>>
A quella parola la bimba trasalì.
Fece uno sguardo serio e cupo.
La sua espressione poco dopo si tramutò. Sorrideva.
<<Lo sai che hai un’espressione davvero buffa?>>
Il viso dello straniero divenne di tutti i colori.
<<Come ti….>> si bloccò a metà frase.
Era in piedi ad osservare il suo sguardo compiaciuto.
<<si può sapere perché mi guardi così?>>
<<È che finalmente hai smesso di essere triste e ora non sei più impaurito.>>
Ora la guardava stralunato. Per la prima volta qualcuno aveva capito come farlo
sentire a proprio agio. A parte sua madre per intenderci.
<<Grazie….>> disse sussurrando l’alieno.
<<E di che cosa?>>
<<Per avermi fatto smettere di piangere.>>
<<Prego. E ora spiegami da dove vieni. Non sembri nemmeno di questo pianeta.>>
<<Su che pianeta ci troviamo?>> chiese un po’ incuriosito e confuso Quiche.
<<Sulla terra. Nella dimensione di Choi-lin.>>
<<Sulla terra….>> il suo pianeta d’origine. Il pianeta dei suoi antenati.
<<Forse è meglio capire da che dimensione vieni…. Porgimi la mano….>>
<<Perché? Oltre a non trovarmi più nel mio mondo mi trovo anche in un'altra
dimensione?>>
<<Dalle vibrazioni cosmiche che emani si direbbe di si!>>
Sorrise.
<<Vibrazioni cosmiche?>>
<<Ti spiegherò dopo. Ora porgimi la mano.>>
Hilarity tese la mano destra verso quella del nuovo amico.
Charlie dal canto suo saltava tutt’intorno a loro come un canguro.
<<Iidori dango Natt!>>
Il cane si mise a cuccia.
Non si muoveva più.
Quiche non ci capiva niente.
<<Che cosa gli hai detto?>>
<<Ho usato la lingua universale usata per parlare con gli animali. Gli ho detto
di stare buono e di mettersi accuccia.>>
Scettico guardò nuovamente il cane.
Nonostante tutto però si fidava di quella bellissima bambina dagli occhi azzurri
come l’oceano. Titubante allungò la mano e strinse quella della piccola Hilarity.
Aveva paura e lei lo capiva dalla salda presa che aveva sulla sua mano.
<<Se stringi ancora un po’ mi rompi tutte le ossa della mano.>>
<<Scusa.>>
Allentò la presa.
<<Ora va un po’ meglio. Chiudi gli occhi e libera la mente. Non pensare a
niente. Fidati di me. Non accadrà niente, ok?>>
<<Si….>>
Il suo visino si tinse di un leggero rossore.
Sentiva il calore della bontà di Hilarity salirgli sempre più su, dalla mano
verso il braccio. Stava bene con quella bambina.
<<Xandra, litia, fers, me, ta! Silo, legio, ter, me, ta! Lipo, grido, miom, me,
ta!>>
Hilarity ripete questa nenia per una decina di volte. Una luce potentissima li
circondò. La paura di Quiche cresceva sempre di più. Hilarity rese più ferrea la
sua stretta.
-Fidati di me….- sentiva il bambino risuonare nella sua testa.
Quando ebbero finito Quiche la guardava stralunato.
<<Cosa diavolo è successo? Come cavolo hai…?>>
<<Ho usato i miei poteri.>>
Silenzio.
Il bambino si guardava la mano.
Poi si guardo i piedi, si toccò la faccia e ogni minima parte del corpo.
Sì, era tutto al proprio posto.
<<Guarda che non ti ho mica diviso in mille pezzi!>>
<<A me è sembrato di si!>>
Rise.
<<A quanto pare vieni da una dimensione parallela alla mia. Sei di origine
terrestre però tu ed il tuo popolo siete dovuti scappare per evitare
l’estinzione della vostra razza. Ora tu ed il tuo popolo vivete su un pianetino
inospitale e povero di risorse. Se non sbaglio si chiama Fresia. A dirla tutta
mi sembra di averlo già sentito sto nome….>>
<<come fai a sapere tutte queste cose?>>
<<Te lo ho già detto! I…>>
<Tuoi poteri…. A quanto ne so i terrestri non dovrebbero avere abilità magiche o
roba del genere….>>
<<Nel tuo mondo forse, ma qui….>>
Disse fiera dandosi un pugno sul petto.
<<Sei proprio buffa piccoletta!>>
Gli occhi di Hilarity si infiammarono.
<<Piccoletta a chi? A quanto sembra come altezza siamo uguali! E poi quanti anni
hai per darmi della “piccoletta”?!>>
<<Ne ho sette!!>>
<<Anche io ne ho sette! Li ho compiuti oggi!>>
Bisticciarono un po’ e poi, stufi si misero a giocare.
Le ore passarono felici ed infine arrivò la sera.
<<È tardi devo andare a casa….>>
<<Non mi lascerai qui da solo?>>
Guardò i suoi occhi imploranti.
<<Figurati! Qua vicino c’è la mia casa sull’albero! Lo costruita con mio
fratello e mia sorella! Ma ormai loro non ci vengono più! Sono troppo grandi per
giocare con me! Potrai restare lì per un pochino finché non troverò un modo per
farti tornare a casa.>
<<Non faresti prima a portarmi a casa tua?>>
<<No, la mamma non me lo permetterebbe e poi ti manderebbe dal consilio dei
guardiani sapendo che sei di Fresia.>>
La guardò perplesso.
<<Poi non voglio che ti facciano qualcosa! Ormai siamo amici!>>
Lui arrossì come lei del resto.
<<Eccoci arrivati! Ora devo proprio andare! Buona notte!>> detto questo gli
diede un leggero bacio sulla guancia.
<<EH????>> disse Quiche sorpreso.
<<Che c’è?>>
<<C’è che mi hai baciato!>>
<<Tua mamma non ti da il bacio della buona notte?>>
<<Si ma…>>
<<Finché non tornerai a casa sarò io a darti il bacio della buona notte da parte
della tua mamma!>>
La fissò con gli occhi tremanti. Non stava scherzando. Abbassò lo sguardo.
<<cosa c’è Quiche?>>
<<Niente…. Volevo ringraziarti….>>
<<E di cosa?>>
<<Di tutto….>>
<<Siamo amici no? È normale che voglia aiutarti1>>
La fissò un momento. La sua sincerità, la sua ingenuità, la sua semplicità, la
purezza e la bontà d’animo lo avevano colpito. Solo sua madre si comportava così
con lui.
La abbracciò forte.
<<Buona notte.>>
Lei ricambiò l’abbraccio e disse <<Buona botte piccolo Quiche.>>
********************************
<<Devi farti dimenticare!>>
<<Perché mamma! È un mio amico! Poi non attaccherà la nostra terra!>>
<<Non è questo il punto!>>
<<Allora cosa mamma?>>
Era passato un mese dal loro primo incontro.
<<In futuro dovrai lottare contro di lui…. Sarà il futuro che vi metterà in
pericolo. Tutti e due.>>
Piangeva.
<<Non voglio che il mio più grande amico si dimentichi di me!>>
<<Ma devi piccola…. Da questo dipende il vostro futuro! Nel suo mondo è
trascorso un solo minuto. Corri e vai.>>
<<Sì….>>
****************
<<Io non voglio dimenticarti Hilarity! Non voglio!>>
<<Neanche io Quiche! Ma devi farlo!>>
<<Ma perché?>>
<<Questo ancora non lo sappiamo…. Nessuno lo sa…. So soltanto che sarà il futuro
a metterci l’uno contro l’altra.>>
Entrambi piangevano.
Quiche cercava però di trattenersi.
<<Non piangere piccoletta!>>
<<Non sto piangendo….>>
<<Invece sì!!>>
Non voleva vedere i suoi occhi carichi di lacrime fredde e taglienti come lame.
Le asciugò il viso.
<<Ti prego non devi piangere…. Non voglio vederti triste….>>
<<Come faccio a non essere triste se tu te ne vai?>>
<<Sarò sempre nel tuo cuore! E questo mi basta!>>
<<Ma io no…. Non sarò nel tuo cuore… È questo che mi fa stare male….>>
La prese alla sprovvista. L’ abbracciò come la prima sera del loro incontro.
Come quella sera faceva caldo. L’aria era più tesa del solito. Lei strinse con
le mani i vestiti dell’amico.
<<Ti voglio bene Quiche!>>
Rimase sorpreso da quello che gli aveva detto. Gli voleva bene.
<<Anche io ti voglio bene piccoletta!>>
Si staccò da quell’abbraccio che la faceva sentire protetta.
<<Non sono una piccoletta….>> piangeva ancora. I suoi occhi erano gonfi di
lacrime che cercava di ricacciare indietro.
Lo fissava negli occhi. Quei due pezzi d’ambra la rendevano forte. La rendevano
sicura. Se lui se ne fosse andato avrebbe perso anche la sua forza.
Si morse il labbro inferiore.
Chiuse gli occhi.
<<Che c’è?>> chiese lui.
Ricevette la sua risposta.
Un bacio.
Un bacio casto e puro.
Pieno di amore.
Pieno di quella semplicità che solo un bambino poteva dare.
Pieno di forza e di sentimento.
Un’altra calda lacrima scese dagli occhi della bambina.
Quella lacrima cadde sulle labbra di Quiche.
Si staccò da lui e lo riguardò negli occhi.
La fissava stupito e rosso in volto.
<<Perché…. Mi…. Mi hai….>>
<<Per avere un ricordo da conservare….>>
Era rossa in viso.
Si mordicchiava il labbro inferiore come faceva sempre quando rifletteva e
quando era nervosa.
Si mise a sorridere.
Le diede un bacio sulla fronte.
<<Piccoletta….>>
<<Che c’è grand’uomo?>>
<<Vorresti…. Essere…. Vorresti essere la mia fidanzata?>>
Lei sorrise.
E questo gli bastava.
Si abbracciarono un’ultima volta.
<<Aspettami.>> disse lei.
<<Perché? Verrai anche tu poi nel mio mondo?>>
<<Aspettami perché ci rivedremo un giorno.>>
<<Allora aspettami anche tu.>>
<<Si….>>
Si tenevano le mani.
Il silenzio in quel momento era meglio di mille parole.
<<È ora di andare….>> disse quiche triste.
<<Si…>>
Hilarity chiuse gli occhi.
Cantò una nenia calda e dolce.
Era un canto che gli riempiva il cuore.
Era un canto che cancellava i suoi ricordi ed allo stesso tempo apriva un varco
per il suo mondo.
Come guidato da una forza misteriosa, si diresse nel varco.
Per un momento, quando aveva ancora un ricordo di lei si girò.
<<Arrivederci……. Piccoletta….>>
E sparì.
<<Arrivederci piccolo Quiche….>>
Pensava che lui si fosse dimenticato di lei.
Che non avesse più niente di suo.
Ma si sbagliava.
Quella lacrima, quella piccola e calda lacrima che era finita sulle labbra di
Quiche era ormai parte di lui.
Era inconsapevole di avere fatto un incantesimo senza essersene accorta.
Un incantesimo che in un futuro non lontano avrebbe riaperto gli occhi sia a lei
che a lui.
Da lontano uno spirito galleggiava in aria….
Esso era per metà donna e metà animale.
Si avvicinò a lei.
Hilarity sapeva chi fosse.
L’aveva sognata tante di quelle volte.
Poi continuavano a dirle che era la sua reincarnazione.
Non temere…. Sono qui per aiutarti….
Le donò una scintilla.
Questo è il mio cuore…. Con esso avrai il pieno controllo dei tuoi poteri.
Ora, quando vorrai, potrai vegliare su chi ami…. E così non ti sentirai più
sola….
Lo spirito sparì come era venuto.
Sorrise piena di felicità.
Ora era sicura che sarebbe riuscita a proteggere Quiche per sempre.
Fino a che avrebbe avuto fiato in corpo.
continua.....