2. L’Incontro
Forse anche questo resterà
uno di quei sogni che uno fa
anche questo che
sto mettendo dentro a una canzone
ma già che c’è- intanto che c’è
continuerò- a sognare ancora un po’…
Introduzione: in questo capitolo entra in scena la mia “eroina”:Zori! Spero vi
piaccia… Buona lettura!! ^_^
Zori era nervosa. Molto nervosa. E questo non era un bene.
Eppure era quello che aveva voluto, no? Tutte le lotte e i litigi con i suoi
genitori per poter andare all’allenamento avevano dato i loro frutti.
Adesso era là, dove aveva voluto essere per settimane, ma dire di volerci andare
e andarci sul serio erano due cose molto diverse…
Rimpianse di non aver portato dell’acqua. Aveva tremendamente sete. Era una sua
impressione o in quel campo faceva un caldo soffocante?
Si aggiustò la coda alta, sempre più agitata.
E dire che quella mattina le era sembrato tutto così facile…
Si era svegliata presto, molto emozionata. Suo padre era già uscito e sua madre
stava allattando la piccola Sanut.(*) Rimide stava facendo colazione. Era così
bello vederla mangiare… quando era piccola, Zori aveva spesso sofferto la fame,
ma era ancora più terribile vedere le sue due sorelline sempre più magre e
smunte, e i suoi genitori sempre più disperati, senza poterci fare niente…
Aveva rabbrividito a quel pensiero. Ora le cose erano molto migliorate, grazie
al potente e misterioso cristallo chiamato Acqua Mew, ma la povertà che li aveva
accompagnati per così tanto tempo non era facile da dimenticare.
Quel giorno però era diverso, quel giorno era speciale, e lei non aveva tempo
per i brutti ricordi.
Si era guardata allo specchio. “Il tuo viso non è poi così male, stamattina” si
era detta. “Potrebbe persino sembrare presentabile… se non fosse per questi
stupidi capelli!!” Oh, i suoi capelli. Con loro era davvero una lotta eterna.
Non riusciva a pettinarli, alla mattina. Sempre pieni di nodi… per quanto li
lavasse e spazzolasse con cura, e per quanto avesse usato ogni tipo di intruglio
su di loro, ogni mattina era sempre la solita storia. Suo padre diceva
scherzosamente che nemmeno i suoi più geniali colleghi erano riusciti ad
inventare un prodotto capace di lisciare i capelli della figlia. Lei, ogni volta
che lo sentiva pronunciare quella frase, lo prendeva a botte per gioco e gli
ricordava che era solo colpa sua se lei aveva quel cespuglio di rovi al posto
dei capelli… Perché da lui li aveva ereditati. Da sua madre aveva invece
ereditato gli occhi castano scuro, che sul viso affilato di Dimineata (**)
spiccavano come neri diamanti, mentre sul suo, più morbido, erano semplicemente…
anonimi.
Quella mattina però i suoi occhi le avevano sorriso, speranzosi.
Il Gran Giorno era finalmente arrivato.
Mentre si spazzolava, aveva pensato con felicità a ciò che la sua amica Kazune
le aveva detto qualche giorno prima. Anche Kazune si era iscritta a quell’allenamento,
e le aveva spifferato che voci di corridoio dicevano che quel giorno, tra i vari
insegnanti, ci sarebbe stato anche uno dei tre eroi che avevano salvato la loro
gente. Zori non sapeva molto di loro, a parte che il loro cognome era Ikisatashi
e che erano stati su un lontano pianeta, chiamato Terra dai suoi abitanti, i
Terrestri. In un primo momento avevano combattuto per ordine del potente essere
chiamato Profondo Blu, ma poi, quando lo spregevole impostore che si era
definito una delle loro divinità era morto, avevano il cristallo di Acqua Mew ed
erano tornati a casa, sul loro pianeta.
Questi erano i fatti appurati; c’era poi chi diceva che avessero combattuto
contro guerrieri potentissimi, metà uomini e metà animali; altri dicevano che i
guerrieri erano cinque o sei, e, cosa ancor più incredibile, erano delle
ragazze! (le Mew Mew: “Perché, cosa c’è di strano?”)
Zori non sapeva se credere o no a quanto era venuta a sapere, però avrebbe
potuto scoprire qualcosa di più se fosse riuscita a parlare anche solo con uno
dei tre Ikisatashi…
Quando aveva finito di pettinarsi si era legata i capelli con un nastro rosso
scuro, il suo preferito, che si intonava perfettamente con il suo vestito.
“Coraggio” si era detta con voce risoluta. “Va’ là fuori e dimostra ai tuoi
genitori quanto vali veramente. Non passerai il resto della tua vita tra le
quattro mura di un laboratorio! Non lo farai!”
(Ma qui parlano tutti da soli?? Ndell’autrice)
Detto questo, aveva marciato fuori dalla stanza ed era andata a salutare la
madre e le sorelle. Dimineata aveva finito di allattare la bambina, che ora
dormiva saporitamente tra le braccia della madre. Questa aveva alzato gli occhi
verso Zori e la sua dolce espressione si era un po’ indurita.
“Sempre decisa ad andare, Mi-Zori? (***)”
“Si, mamma”. Nella voce della ragazza c’era un leggero tono di sfida.
“Allora, ti auguro di essere all’altezza delle tue aspettative”.
Era seguito un momento di silenzio, interrotto però quasi subito dalla voce
cinguettante di Rimide che diceva alla madre: “Mi accompagni a scuola? Oggi
contiamo le foglie!”
Dimineata le aveva sorriso affettuosamente, scuotendo la testa. “No, oggi ti
accompagna tua sorella.” A quel punto Rimide aveva volto lo sguardo verso Zori.
“Allora sbrigati, sorellina. Sennò facciamo tardi.”
Zori era pronta. Pronta e determinata ad andare fino in fondo. Così aveva preso
per mano la sorellina e le due si erano incamminate verso la scuola.
Strada facendo Rimide si era messa a cantare una canzoncina sulle foglie che i
bambini della sua classe avrebbero contato quel giorno. Zori non era riuscita a
capire tutte le parole, perché Rimide aveva ancora qualche difficoltà a
memorizzare la canzoncina. La ragazza aveva distinto le parole che formavano il
ritornello: “Cresceranno e sbocceranno sugli alberi le foglie, andiamo tutti
insieme a contare il miracolo” (tutto ciò era accompagnato da vari “Lallalà”
dove la bambina non ricordava le parole precise). Quel motivetto l’aveva fatta
sentire di buon umore, e quando aveva salutato la sorellina e si era incamminata
verso la base militare aveva ancora in mente la canzone.
Alla base c’era molta gente, ma Zori non aveva avuto difficoltà a trovare le
amiche, che formavano un gruppetto chiassoso e colorato nel campo di
addestramento n°5. Le aveva raggiunte e salutate. C’erano proprio tutte: la
bionda Kazune, la spavalda Okyo, persino la bellissima Tuya! Con i suoi
splendidi capelli azzurri e lucenti aveva già attirato gli sguardi di tutti.
Forse era stato a quel punto che Zori aveva iniziato a preoccuparsi.
Non ne sapeva l’esatto motivo, ma ogni volta che guardava Tuya non poteva fare a
meno di sentirsi inferiore. Così aveva pensato che non ce l’avrebbe mai fatta a
superare gli esami di inizio corso, anche se nei giorni precedenti si era
allenata duramente e con impegno.
Come se non bastasse, Tuya sembrava in forma smagliante e decisa più che mai a
trovare il famoso Ikisatashi per farsi raccontare in prima persona cosa fosse
successo sulla Terra.
“Di sicuro riuscirà a farsi dire tutto quello che c’è da sapere!” pensò Zori.
“Anzi, non mi sorprenderebbe se…” ma in quel momento arrivò il comandante delle
truppe e nel campo scese un improvviso silenzio. Il comandante, un tipo con lo
sguardo penetrante e gelido (No, non è Profondo Blu! Ndell’autrice) ordinò a due
responsabili di fare l’appello. I cadetti furono chiamati uno ad uno, erano
veramente tanti e non mancava nessuno. Il comandante si era alzato in aria e
stava per iniziare un discorso quando due soldati ritardatari l’avevano
interrotto. Dallo sguardo che li lanciò avrebbe potuto incenerirli, e Zori si
domandò se non fosse possibile… magari era una sua speciale arma segreta. Okyo
pensò la stessa cosa, e sottovoce le sussurrò: “adesso li fa fuori…” In quell’istante
anche il comandante parlò, e a Zori sembrò di sentire il nome “Ikisatashi”.
Tuya, attentissima a non lasciarsi sfuggire nemmeno una parola del comandante,
esclamò: “Uno dei due è Ikisatashi!!” Al che Kazune ribattè: “Si, ma quale? Voi
avete sentito?”
“Non ne ho idea… però sono tutti e due molto carini!”
“Si, ma come facciamo a capire chi dei due è quello giusto?”
Oh, perfetto, pensò Zori. Sentì che il suo stomaco si annodava ancora di più.
Mentre le sue amiche discutevano, Zori si guardò attorno. Davanti a lei c’era
una massa di soldati, tutti perfettamente sull’attenti.
L’esercito. Ogni organizzazione sul suo pianeta in ripresa economica dipendeva
da questo. E come poteva essere altrimenti? Solo l’esercito era abbastanza
ordinato e potente da potersi permettere di trainare l’economia di un intero
pianeta.
Zori lo sapeva, e sapeva anche che l’esercito era la sua ultima opportunità di
fuga.
Ma guardando tutte quelle facce serie e imbronciate, una sola domanda la
assillava: ne sarebbe stata capace?
Si riscosse all’improvviso. Il comandante aveva appena dato l’ordine di partire,
e lei non aveva la benché minima idea di cosa si dovesse fare! (****)
“Accidenti a me! Devo concentrarmi, concentrarmi!” si disse. Vide che anche le
sue amiche erano perse, non avendo ascoltato le parole del comandante perché
troppo impegnate a dialogare tra loro.
Kazune la guardò con gli occhi sbarrati. “Cosa dobbiamo fare?”
“Non lo so… fate come gli altri, mettetevi in fila, fianco a fianco!” (*5)
Le ragazze si sistemarono frettolosamente.
I soldati di fronte a loro si avvicinarono alla loro fila e Zori intuì che
dovevano formare delle coppie insegnante-alunno. Vide che Okyo era finita in
coppia con un ragazzo alto, moro e molto carino (*6), mentre a Kazune era
toccata una donna con corti capelli rosso fuoco.
Al che Zori, curiosa, guardò davanti a sè per vedere con chi era finita lei.
Pensò che era fortunata: il ragazzo che le stava di fronte era proprio carino…
incrociò il suo sguardo. Occhi davvero belli. Bel colore.
Sarebbe stato tutto perfetto, se non fosse stato per il fatto che… era uno
sguardo inquietante.
Faceva venire i brividi…
Zori si rese conto di essere nei guai.
~ * ~ * ~
E così si conclude il capitolo 2!!! Spero che vi sia piaciuto… Ditemi cosa ne
pensate!!
Note (tante anche questa volta…):
(*) Sanut è una piccola bebè… con le orecchiette… CARA!!!
(**) Dimineata è il nome della madre di Zori, Rimide e Sanut, mentre il padre si
chiama Pentu… Famiglia numerosa, non trovate? Una delle poche famiglie non
disastrate in questa FF… A proposito: Dimineata significa “mattina” in rumeno!
Non che io sia rumena, però è una lingua che mi piace… e tutto questo deriva dal
fatto che adoro le storie di vampiri!!
Pai (ancora inacidito dall’introduzione): “Potresti fare a meno di raccontare i
tuoi fatti personali ai lettori e continuare la FF? Grazie…”
Zori (appena arrivata): “Salve a tutti! ^_^ Che succede di bello?”
Autrice: “Lascia perdere, qui tira una brutta aria… cerca di conservare la tua
innocenza il più a lungo possibile…”
Zori: “?_? Cosa intendi dire??”
Autrice: “Vedrai..vedrai..”
(***)Mi-Zori= Piccola Zori (diminutivo molto frequente nel gergo alieno)
(****)Autrice: “Insomma, Zori! Non è il momento di fantasticare…”
Zori: “Cosa vuoi, non è colpa mia se sono una sognatrice…”
Autrice: “Beh.. effettivamente in questo mi assomigli…”
(*5): Si tratta della rinomata “Teoria dell’Imitazione”: Se non sai farlo da
solo, COPIA!!”
(*6): Okyo (inizia a tremare): “Ehi, autrice…”
Autrice: “Dimmi…”
Okyo: “Moro, alto… Non sarà mica Aoyama, vero???”
Autrice: “Tranquilla, non gli assomiglia minimamente…”
Okyo (rasserenata): “Aah… Che sollievo!!”
Autrice: “Non doveva neanche venirti in mente!! Ho detto che era carino, no?
Quindi DI SICURO NON è Aoyama!!!
Okyo (ride): “E’ vero! Ma come ho potuto pensare una cosa simile??” (se ne va,
ridendo)
~ * ~ * ~
Bene… è tutto!! Arrivederci con il cap.3!!
Zori (leggermente preoccupata): “Ehi Kisshu… Perché alla fine del capitolo mi
guardi in quel modo?”
Kisshu (fa finta di niente): “Eh? Quale modo?”
Zori: “No, lascia perdere… Mi sarò sbagliata… spero…”