>>Il coraggio di guardarti negli occhi <<

Dunque, leggendo le FF sul sito, mi sono resa conto che… povero Kisshu… alla fine finisce sempre per soffrire… E così mi sono chiesta: come sarà stata la vita dei nostri tre alieni una volta arrivati sul loro pianeta? Cosa sarà successo… dopo? Insomma, per le Mew Mew un seguito c’è, mentre di loro non si sa più niente…
Così ho pensato di scrivere la FF proprio sulla vita “post mew mew” di Kisshu, Pai e Taruto!!
Spero che vi piaccia.. Buona lettura!

AUTORE: Miranda-chan

Genere: Romantico, Introspettivo
Capitoli: 9
Rating: PG13
On-Line From: 08/03/07
Aggiornata il: 05/06/07
Stato: In Corso...
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8. Ospiti

Tre minuti
solo tre
minuti per
parlarti di me
forse basteranno
a ricoprirti
di bugie
come se
io dovessi
mostrar di me
quello che
ancora no.
non sono stato mai
per convincerti ho
due minuti
ancora due
minuti ma
non li sprecherei
per mentirti mai


E speriamo in bene... forse questa è la volta buona... forse questa volta i due protagonisti complessati della mia assurda FF riusciranno a dirsi la verità... chissà, chissà!! (Spero che non mi massacriate... siate clementi!!)

Avete riconosciuto i versi? Sono tratti da “Solo 3 min” dei Negramaro... Una canzone italiana di tanto in tanto non guasta!
E cosa mai vorrà significare il misterioso titolo di questo capitolo??
Eh eh eh... la mia mente malata ha colpito ancora!!!
Zori: “Si, e noi ne subiamo le conseguenze!!”
Autrice: “Naturale, altrimenti non ci sarebbe gusto!!”
Zori: “.......”
Kisshu (capitato lì per puro caso): “........”
Lettori: “.........”
Autrice: “.... E su, non vorrete farmi credere che sono l’unica sadica nel raggio di 25 chilometri, vero??”
Tutti: “.......”
Profondo Blu: “No, ci sono anche iooooooo!!!”
Autrice: “Devo imparare a stare zitta...”

Ed ora, senza altri indugi, ecco a voi il capitolo n°8!!!! Buona lettura!! ^ o ^

Lo vide allontanarsi senza poterci fare niente.
Avrebbe dovuto aspettarselo. Sapeva che era troppo meraviglioso per essere vero, che non sarebbe potuto durare...
Si, Zori lo sapeva. L’aveva intuito sin dall’inizio.
Ed era la seconda volta che succedeva, in due giorni.
Era la seconda volta che la lasciava senza un valido motivo.
Era la seconda volta che la illudeva crudelmente per poi abbandonarla con il cuore gonfio di emozioni che la confondevano e la distruggevano lentamente, un pezzo alla volta...

Questa è un’agonia...
Non posso... non posso continuare così...

Cadde in ginocchio, esattamente come la notte precedente.

Ma perché...
Perché fai così, Kisshu?
Perché...


Qualcuno la chiamava, ma non rispose.
Non voleva essere interrotta... era così facile lasciarsi distruggere...
... era così facile affondare...

Ad un tratto sentì una mano sulla spalla e, suo malgrado, dovette girarsi.
Un ragazzo la stava guardando, perplesso. “Stai bene? Ti serve aiuto? Dov’è il tuo insegnante?”
Troppe domande. Ci mise tre secondi solo per capire che erano rivolte a lei.

No, non sto bene_
Mi serve aiuto?
Credo di sì...

Ma tu non puoi darmelo...


“Io... il mio insegnante... non si sentiva tanto bene, così... se n’è andato”
L’altro la scrutò, probabilmente si stava chiedendo il perché della sua espressione così sconvolta.
“Beh.. se vuoi puoi unirti a noi finché non torna...” le disse.
“Non tornerà...” sussurrò lei, guardando per terra.
“Come hai detto, scusa?” chiese il ragazzo, perplesso.
Zori si ricompose. “Nulla. Lascia perdere”
Si alzò in piedi e si spolverò distrattamente il vestito.
“Mi chiamo Zori.”
L’altro le sorrise cordialmente. “Io sono Wadie. Allora Zori, ti va di continuare con noi?” Così dicendo indicò un altro ragazzo, più piccolo, che osservava la scena da lontano.
Zori non lo conosceva. Meglio così.
“Volentieri, grazie. Cosa stavate facendo?” chiese sorridendo a sua volta.
“Oh, sperimentavamo qualche tecnica di difesa”
“Splendido. Continuate pure: io andrò avanti con le evocazioni, se per voi non è un problema”
Wadie le lanciò un’occhiata sorpresa. “Sei già alle evocazioni? Complimenti...”
Zori sorrise ancora, seguendo il ragazzo.

Stava diventando brava a mentire: per un attimo aveva convinto persino sé stessa.


‡ – ‡ – ‡


Quando tornò a casa, trovò Dimineata alle prese con una Sanut piuttosto indisponente.
“Zori!! Meno male che sei tornata!! Tieni questa peste, per favore! Devo preparare la cena e non ho tempo!” esclamò la madre scaricando la bambina in braccio a Zori.
La ragazza, già abbastanza depressa per conto suo, accettò di malavoglia lo scomodo compito. Sanut piangeva disperatamente e si dibatteva. Iniziò pure a tirarle i capelli.
“Mamma, ma che cos’ha?” chiese Zori infastidita, sovrastando gli strilli della bambina.
Dimineata non si prese nemmeno il disturbo di guardarla. Stava frugando nella dispensa della cucina in cerca di una spezia particolare.
“Non ne ho idea... ha mangiato, ha dormito, le ho cambiato il pannolino... probabilmente vuole giocare” rispose distrattamente. Poi emerse dalla dispensa, stringendo in mano un barattolo rosso sgargiante. “Trovato!” esclamò trionfante.
Zori sospirò. Ci mancava solo questo...
“Ahia! Sanut, smettila!! Lascia stare, da brava... Lascia stare!!” sbraitò bloccando le manine della sorella.
Afferrò un giocattolo di pezza e lo diede alla bambina. “Ecco, gioca con questo!” disse bruscamente.
Ma Sanut non degnò di uno sguardo il pupazzo. Iniziò invece a morsicarle furiosamente la mano.
“Adesso basta, mocciosetta dispettosa!! Ma cosa sei, un animale feroce??” le gridò Zori perdendo definitivamente la pazienza. Per di più le aveva morso la mano che le faceva male, quella che le aveva punto il Para-Para.
E questo le riportò di nuovo alla mente Kisshu.
Era ridicolo, più si sforzava di non pensarci, più ci pensava... Ma come era riuscita a ridursi in quello stato?
Doveva fare qualcosa per distrarsi. Qualsiasi cosa...
“Mamma, c’è qualcosa che io non so ma che dovrei sapere?”
Dimineata la guardò distrattamente. “Non credo... che cosa intendi?”
“Beh”, cominciò Zori, “non è da te affaccendarti in questo modo per preparare la cena... abbiamo in programma qualche occasione speciale?”
“Come, non lo sai? Stasera abbiamo ospiti.” rispose la madre.
Ecco, lo sapevo che c’era qualcosa sotto...
“Eppure mi sembrava di avertelo detto...”
“No, mamma. Non mi hai detto un bel niente! Nessuno mi dice mai niente!” scattò la ragazza.
“Beh, non c’è bisogno di arrabbiarsi” osservò l’altra, imperturbabile. “E visto che ci sei, potresti aiutarmi a cucinare? Puoi mettere giù Sanut, sembra che la tua sfuriata l’abbia calmata.”
Effettivamente era vero: la bambina non piangeva più. Zori la appoggiò delicatamente nella culla e si voltò verso la madre.

Mezz’ora dopo aveva affettato le verdure, mescolato la minestra e travasato l’acqua da un contenitore all’altro. Secondo un’antica leggenda del loro popolo, prima di un invito a cena l’acqua che gli ospiti avrebbero bevuto andava innanzitutto versata in un contenitore ampio e dal collo stretto, poi travasata in una specie di bacinella ed infine insaporita con una particolare spezia, che la rendeva profumata di un odore simile a quello della menta.
“Chi sarebbero poi questi ospiti?” chiese la ragazza.
“Oh, non ci crederai. Ieri al lavoro tuo padre ha conosciuto un personaggio davvero particolare. Geniale, a suo dire. Si chiama Pai Ikisatashi. Hai presente, no? Uno dei tre fratelli che sono partiti in missione sulla Terra... beh, l’ha invitato a cena da noi. All’inizio non ero molto d’accordo, sai com’è, ma poi, quando ho sentito il suo cognome, mi sono subito ricreduta... Sono proprio curiosa di vederlo, questo famoso Ikisatashi! E poi, naturalmente...”
“Mamma, aspetta... solo lui?”
“Scusa?” chiese Dimineata confusa.
Zori fece un bel respiro. “Ha invitato solo lui?”
“Ma no, non sarebbe gentile... Anche gli altri due, ovviamente. Ma ci pensi? Avremo i tre Ikisatashi a cena, stasera! Non è fantastico?”
“Già... fantastico. Me ne vado in camera mia per un po’, se non ti dispiace.” disse Zori con un filo di voce.

Avremo i tre Ikisatashi a cena, stasera!
Non è fantastico?


Non poteva crederci. Non poteva crederci!!

Perché era sempre l’ultima a sapere le cose, accidentaccio?!?

Non sapeva se sentirsi infuriata o felice.

Magari, quella sera, avrebbero potuto chiarire le cose... Una volta per tutte.

Era inconcepibile. Come potevano succedere tutte quelle cose in due soli giorni?
Rischiava seriamente di avere un esaurimento nervoso.

E allora, perché si sentiva così inspiegabilmente... felice?


‡ – ‡ – ‡


“E perché me l’hai detto solo adesso, accidenti a te?”
Pai lo fulminò con lo sguardo. “Semplicemente perché ieri sera non sono riuscito a parlarti, stamattina nemmeno, e perché sei tornato solo adesso! Come avrei dovuto dirtelo, sentiamo? Non leggi nel pensiero, a quanto mi risulta!”
“Al diavolo! Non puoi costringermi ad andarci!” sbottò Kisshu.
“Ah, davvero?” fece Pai con aria di sfida. Non ne poteva davvero più dei modi altezzosi del fratello... Che nervi gli faceva venire!
“Molto bene... non ti supplicherò certo di seguirmi! Ma ti avverto, se farò una figuraccia per colpa tua...”
Kisshu si mise a ridere. Pai che lo minacciava! “Sentiamo, che cosa mi faresti? Sono proprio curioso...”
In quel momento entrò Taruto. “E dai, Kisshu... non puoi fare uno sforzo, una volta tanto?”
“Non ti ci mettere anche tu, moccioso. E’ una cosa che riguarda Pai, perché dovrei perdere il mio tempo inutilmente?”
“Non chiamarmi moccioso!” sbraitò il bambino, ferito nell’orgoglio.
“ADESSO BASTA, TUTTI E DUE!! CI ANDRO’ DA SOLO, A QUESTA MALEDETTA CENA!”
La sfuriata del fratello maggiore lasciò gli altri due ammutoliti per qualche secondo.
“Bene, vedo che alla fine ci siamo capiti.” disse Kisshu noncurante, uscendo dalla stanza.
Taruto guardò prima lui, poi Pai, che aveva rapidamente (e fortunatamente) ripreso il controllo. “Pai...”
“Che cosa c’è?”
“Io posso venire?”
Pai lo osservò in silenzio.
“Certo che puoi, fratellino. Ma è meglio che ti prepari, adesso. La casa di Pentu è piuttosto lontana.”
Taruto sgranò gli occhi. Fratellino?
“Sono già pronto...” tentò.
“Non dire sciocchezze... non vorrai davvero venire con quei vestiti!”
“... Che cos’hanno che non va i miei vestiti?” fece il bambino, risentito.
Pai sospirò. “Come non detto, fa’ come vuoi. Io vado tra mezz’ora.”, e se ne andò nella sua stanza.

Pai riunì tutti i grafici e le tesi in una borsa, cercando di non dimenticare nulla.

Guarda te se mi tocca lottare ogni volta per ottenere qualcosa, in questa casa... Taruto è ancora piccolo, ma Kisshu potrebbe anche aiutarmi, qualche volta... si comporta come un bambino capriccioso... E dove cavolo è finita la mia tessera di accesso? Ero convinto di averla messa qui...

“Stai cercando questa, per caso?” fece Kisshu da dietro le sue spalle.
Pai si voltò lentamente, con uno sguardo poco rassicurante. Scattò in avanti per riprendere la sua tessera, che Kisshu teneva in una mano, ma quest’ultimo si scostò facilmente e riatterrò alla sua destra.
“Kisshu... mi spieghi perché... devi sempre essere... così irritante?!?” gli sbraitò in faccia Pai.
“Semplice... mi diverte.”
Pai non rispose. Sapeva che era inutile.
“Dove hai detto di andare, stasera?” chiese l’altro rigirandosi la tessera tra le dita.
“Lo sai benissimo” , ringhiò l’alieno dai capelli blu. “A casa di un mio collega, Pentu Helyoshin, per discutere di un progetto riguardante l’Acqua Mew.”
Kisshu parve sorpreso. “Helyoshin?”
Pai approfittò del suo momento di distrazione per riprendersi la tessera.
“Sai, Pai... Ho cambiato idea. Credo che verrò anche io.”


‡ – ‡ – ‡


“Zori!! Vai tu ad aprire, per favore?” (*)
Zori si precipitò alla porta.
Era nervosissima... Abbassare la maniglia le sembrava uno sforzo immenso.
D’accordo. Ci sei... Apri la porta e sorridi. Non devi fare altro... Apri la porta e falli entrare...

Respirò profondamente e spalancò la porta d’ingresso.


‡ – ‡ – ‡


Pai rimase sorpreso trovandosi di fronte la ragazza. Aveva un viso stranamente familiare, incorniciato da una grande quantità di capelli scuri ed ondulati.
Gli bastò un secondo per capire che si trattava della stessa persona di cui Kisshu gli aveva chiesto notizie la mattina precedente.
Ecco perché ha cambiato idea..., pensò irritato.
La ragazza lo accolse con un sorriso smagliante. “Salve! Lei deve essere il collega di mio padre. Prego, accomodatevi” , disse rivolta a tutti e tre, “Io sono Zori...” Così dicendo fece cenno loro di entrare, arrossendo un poco.
Pai bloccò con una mano Taruto che stava per oltrepassare l’ingresso.
Era deciso a fare bella figura fin da subito.
Innanzitutto, le presentazioni...
“Ti ringrazio, Zori. Io mi chiamo Pai e loro sono Taruto e... Kisshu
Lanciò un’occhiata d’avvertimento al fratello, che aveva appena sfoderato uno dei suoi soliti sorrisetti divertiti.
Non gli avrebbe permesso di rovinare tutto con una battuta cretina.
“E tutti e tre siamo molto onorati di fare la tua conoscenza e di essere stati invitati nella vostra casa.” , continuò il più cordialmente possibile. (**)
Zori fece per rispondergli, ma fu interrotta da Pentu che era arrivato in quel momento.
“Pai! Puntuale come sempre, vedo! E ci sono anche i tuoi fratelli... Ma insomma, Zori, cosa aspetti a farli entrare?”
“Ci stavo arrivando, papà...” La ragazza si scostò dalla porta, facendoli passare.

Taruto entrò silenziosamente, osservando l’interno della casa.

Pai andò subito a salutare il collega, che si mise a parlargli con entusiasmo.

Kisshu entrò per ultimo, lanciando un’occhiata poco rassicurante a Zori.


‡ – ‡ – ‡


Il cuore le batteva all’impazzata.
Lui era!!! In casa sua!!!
E la stava guardando.
No, peggio: la stava trapassando. I suoi occhi le sembravano trapani...

Ma non diceva nulla.
Neanche un saluto. Come se non si conoscessero nemmeno.

Avrebbe dovuto prendere lei l’iniziativa? Forse avrebbe dovuto scusarsi con lui...
Le si bloccarono le parole in gola. Il suo sguardo si faceva sempre più glaciale.

“Kisshu...” mormorò indecisa.

Non le rispose.

Incapace di sostenere il gelo dei suoi occhi, abbassò lo sguardo.

Perché non mi parli?
Sei arrabbiato con me, forse?


Nulla. I secondi passavano, ma Zori era bloccata.
Che cosa mi prende?!? E’ stato lui ad andarsene!
E’ stato lui a provocarmi! E’ stato lui a lasciarmi sola! Dovrei essere io quella arrabbiata, non lui!


La voce della madre la riscosse dai suoi pensieri.
“Signori! Siamo tutti molto felici di avervi qui, stasera. Se voleste accomodarvi, inizieremmo a mangiare...” Dimineata indicò un grande tavolo ottagonale al centro della stanza.
“Zori, aiutami a servire i piatti” , le bisbigliò la madre.
La ragazza la seguì nella piccola cucina, lanciando una rapida occhiata a Kisshu, il quale aveva spostato la sua attenzione verso il tavolo.
Con una stretta allo stomaco, tornò in sala da pranzo.
Tutti avevano già preso posto.
Partendo da destra e procedendo in senso antiorario, Zori vide suo padre seduto vicino al posto vuoto di sua madre. Seguivano il seggiolone di Sanut, il suo posto, il posto di Rimide, quello del più piccolo dei tre Ikisatashi, quello di Kisshu (fece finta di non prestarci troppa attenzione) e, tra Kisshu e Pentu, Pai. Quest’ultimo stava conversando con Pentu, e sembrava che fossero molto interessati l’uno alle parole dell’altro.
Dopo aver sistemato sulla tavola le varie pietanze, Dimineata e la figlia si sedettero ai propri posti. Zori iniziò a mangiare, ignorando deliberatamente il ragazzo seduto di fronte a lei e concentrandosi sulla figura di Pai.
Non era certo carino come Kisshu, ma aveva un suo fascino. Era più grande di lei di circa cinque anni, o così le pareva. Aveva un’aria molto più matura di Kisshu, non solo nell’aspetto fisico, ma anche nel comportamento e nel modo di parlare.
Sembrava che avesse passato parecchie notti insonne; in qualche modo era sciupato, tirato.
Deve essere lui ad occuparsi di tutto... , pensò Zori con una punta di tristezza.
Dev’essere dura andare avanti senza una vera e propria famiglia...
“E così, dai dati che abbiamo ricavato studiando l’ecosistema del pianeta, abbiamo ipotizzato di poterne creare un campione in laboratorio. Per ora è solo in fase sperimentale, ovviamente, ma...”
“... ci sono buone probabilità di successo, giusto?”
“Esatto. Inoltre, sappiamo che l’Acqua Mew era stata creata dai nostri antenati quando abitavano ancora la Terra, perciò non vedo perché noi non ne saremmo in grado.”
“Quindi, in definitiva, di cosa avete bisogno?”, chiese Pentu.
“Di cosa abbiamo bisogno”, lo corresse Pai, “Spero che ti unirai alla nostra squadra. Ci saresti certamente utile.”
Pentu sorrise amabilmente. “Mi farebbe molto piacere. Allora, di cosa abbiamo bisogno per cominciare?”
“Innanzitutto del permesso del Governo Centrale. Senza di questo il progetto non può partire.”
“Non c’è problema, ci penso io. Ho alcuni amici ben piazzati. Vedrai, sarà uno scherzo convincerli.”, lo rassicurò Pentu.
“Ehi Zori...”, bisbigliò Dimineata al suo orecchio.
“Dimmi...”
“Quel tipo, Kisshu Ikisatashi... Non è lo stesso ragazzo che è venuto a cercarti, ieri pomeriggio?”
Zori annuì.
“Ma allora lo conoscevi già!”
“Si mamma, lo conoscevo già. O meglio, credevo di conoscerlo.”
Senza altri commenti, Dimineata si rivolse ai tre ospiti. “Mi raccomando, prendete quello che più vi piace! Spero che mi scusiate, ma Pentu mi ha avvisata in ritardo del vostro arrivo e non ho avuto il tempo di preparare pietanze troppo elaborate...”
“Non si preoccupi, signora! E’ tutto squisito!” , esclamò Taruto a bocca piena. Non gli capitava tutti i giorni di mangiare così bene ed era deciso a riempirsi fino a scoppiare. (***) Rimide ridacchiò.
“Ti ringrazio, Taruto. Prendine quanto ne vuoi. E’ meglio approfittarne finché ce n’è, non credete?”
Pentu sbuffò. “Non fateci caso, Dimineata è fissata con il cibo...”
“No, ha ragione. I tempi duri sono appena passati e hanno segnato profondamente ognuno di noi.”, disse Pai.
Kisshu non parlò. A differenza di tutti gli altri, non aveva praticamente toccato cibo dall’inizio della cena.
Dimineata se ne accorse. “E tu, Kisshu? Non hai fame, stasera?”
Lo sguardo dorato del ragazzo si posò su di lei, saettò velocemente da questa a Zori, poi tornò a Dimineata. “No, è che non sono abituato a mangiare tanto.”
“Ah... capisco.”

Pai riportò la conversazione su un binario più tranquillo. “Come potremo sdebitarci per tanta ospitalità?”
Pentu e Dimineata risero allegramente. “Non ce n’è assolutamente bisogno!”
“Però”, intervenne Zori, arrossendo, “potreste parlarci della vostra missione sulla Terra. Sarei molto curiosa di conoscerne i particolari.”
Pai le sorrise. “Perché no? Ma forse Kisshu potrebbe dirti qualcosa di più. Era lui quello che viaggiava più di tutti, ed è anche arrivato per primo. Io e Taruto siamo atterrati alcune settimane dopo di lui.”
Kisshu fece un cenno di diniego. “No, Pai. Tu ne sai sicuramente più di me. E’ meglio se racconti tu.”
Pai lo guardò, vagamente sorpreso. Poi si rivolse a Zori: “D’accordo. Dunque...”


‡ – ‡ – ‡


La cena era finita tardi e, una volta salutati gli ospiti, Zori era andata nella sua stanza.
Si sentiva esausta, tuttavia non riusciva a chiudere occhio.
Erano troppi i pensieri che le si affollavano nella mente, troppe le domande e i dubbi...
Continuava a pensare al Pianeta Azzurro. Da come glielo aveva descritto Pai, doveva essere un posto bellissimo. Grandi oceani, vegetazione lussureggiante, milioni di specie animali e vegetali. Un paradiso, il luogo di cui il suo popolo conservava un ricordo vago, che sfumava nella leggenda. Il regno delle fiabe, insomma.
E in ogni fiaba c’è un cattivo.
I suoi genitori erano sempre stati un po’ restii ad accettare l’idea dello sterminio di un’ altra specie, anche se, alla fine, l’istinto di sopravvivenza aveva avuto la meglio e avevano acconsentito, conformandosi alle altre migliaia di persone che invocavano già da tempo il ritorno sulla Terra.
“Sono davvero così terribili, questi umani?”, aveva chiesto a Pai.
“La maggior parte.”, le aveva risposto severamente. “Esseri che non si fanno scrupoli di uccidere altri esseri viventi o addirittura di sterminare intere specie, pur di trarne vantaggio. E non un vantaggio collettivo, bensì individuale! Alcuni di loro vivono in condizioni tremende, mentre altri - la minoranza - si arricchiscono sulle spalle dei primi in modo veramente ignobile.”
“Ma è orribile! Non hanno un minimo di coscienza, di etica?” , aveva chiesto lei indignandosi.
“Evidentemente no. E poi sono stupidi: si sono resi conto già da molto tempo di stare inquinando in modo irreparabile il pianeta. Tuttavia non si fermano: continuano incessantemente nella loro opera di distruzione. In alcuni posti l’aria era talmente inquinata che riuscivamo a malapena a respirare. E’ tutto inquinato: la terra, l’acqua, l’aria.”
“Non posso crederci...”, aveva commentato la ragazza.
Davvero il paradiso si stava trasformando in un inferno?
“Non sono tutti così, però”, era intervenuto Taruto. “Ce ne sono alcuni che si preoccupano dell’ambiente...”
“Una minoranza esiste, questo è vero”, aveva continuato Pai. “Solo loro meriterebbero di sopravvivere, in effetti... E forse, se il resto della popolazione desse retta a questa minoranza, ci sarebbe ancora speranza per la specie umana... Chissà. In ogni caso, questo non è più affar nostro, ormai.”
A quel punto era intervenuta Dimineata. “Mi sono sempre chiesta... come sono fatti, esattamente? Insomma, che aspetto hanno?”
Taruto si era messo a ridacchiare. “Sono... beh, strani. Totalmente inadatti alla sopravvivenza: senza tecnologia la maggior parte di loro non saprebbe proprio come cavarsela. Non ci vedono granchè al buio, per esempio. E poi hanno delle orecchie minuscole, a forma di conchiglia. Non riescono nemmeno a sentire gli ultrasuoni, con le orecchie che si ritrovano... sono dei veri incapaci, se paragonati a noi!”
“E sono anche meno resistenti di noi. Si ammalano molto di frequente, hanno una pelle sensibilissima, le loro ossa e i loro muscoli sono più fragili dei nostri.”, aveva detto Pai.
“Proprio deboli, insomma!”, aveva commentato Pentu.
“Ma allora... Come mai non siete riusciti a sconfiggerli?”, aveva chiesto Zori.
“Beh, abbiamo trovato... come posso dire... degli inconvenienti, ecco. Una squadra di umane che ha resistito ai nostri attacchi in modo sorprendente. Tutt’ora non riesco a comprendere del tutto come potessero essere tanto forti...”
“Allora la storia delle cinque guerriere era vera! Credevo si trattasse di una stupida diceria, e invece...”

Già. Invece...

A quanto le aveva detto Pai, gli “inconvenienti” erano proprio cinque ragazze giapponesi, di età differenti ( la più piccola aveva si e no dieci anni!), che erano in grado di trasformarsi in guerriere formidabili grazie al loro particolare DNA, in cui erano stati inseriti i geni di cinque animali in via di estinzione. Si facevano chiamare Mew Mew.
A queste cinque si era unito, successivamente, anche il Cavaliere Blu (****), che poi si era scoperto essere una specie di alter ego di Profondo Blu.

“E qui c’era la beffa, dico bene, Pai?”, aveva chiesto Pentu, osservandolo con i penetranti occhi verde chiaro.
“Dici bene, caro collega... Profondo Blu. Quel maledetto manipolatore... Ci ha usati per i suoi scopi personali, facendo leva sulla disperazione del nostro popolo... Se non lo avesse ucciso Mew Ichigo, l’avrei volentieri fatto io...”
A quel punto, Kisshu aveva commentato seccamente: “Dubito che ci saresti riuscito...”

Più di tutto, erano state la sua espressione e il tono della sua voce - così dura, sprezzante ed aspra - che l’avevano fatta preoccupare maggiormente.

Nella sala da pranzo era sceso un silenzio imbarazzante.
Zori non aveva avuto il coraggio di fare altre domande. Aveva colto un sentimento di tristezza misto a rabbia nella voce di Kisshu, e la sua attenzione era nuovamente dedicata a lui.
Non era la prima volta che si accorgeva di questa sua amarezza. Ricordò lo sguardo che le aveva lanciato solo due giorni prima...
Nascosta tra le battute e le espressioni beffarde, aveva visto - e sentito - una profonda tristezza, in lui.
... E’ così difficile capire quello che gli passa per la testa...
Però mi piacerebbe tanto sapere cosa nasconde, qual è il motivo di tutta questa sua tristezza...


‡ – ‡ – ‡


Chissà a cosa sta pensando..., si chiese Kisshu mentre osservava Zori fuori dalla finestra della sua camera.
La ragazza se ne stava stesa sul letto a pancia in su da circa mezz’ora, apparentemente assorta nei suoi pensieri.
Non avendo nulla di meglio da fare (5*), Kisshu si era fermato a casa di Zori anche dopo la cena, essendo miracolosamente riuscito a depistare Pai (ma era stato aiutato da Taruto e dal fatto che entrambi i fratelli non si reggevano più in piedi dalla stanchezza).

Che serata stressante... Devo ricordarmi di non farmi mai più trascinare da Pai ai suoi “colloqui di lavoro”... , pensò svogliatamente il ragazzo, sospeso a mezz’aria.

L’unica consolazione eri tu, Mi-Zori...

Sorrise.

Scusa se non ti ho parlato, stasera... Ma volevo metterti alla prova... Stavo soppesando l’idea...

...Comunque non preoccuparti, piccola: ho deciso che ne vale la pena, dopotutto...


Chiuse gli occhi e alzò il viso verso il cielo.

Ichigo...

La distanza che li separava era enorme, ma quella sera gli sembrava ancora più grande.
Ormai l’unico posto dove poteva rivederla era nei suoi sogni... Quando chiudeva gli occhi gli appariva nuovamente, bella come la prima volta che l’aveva vista...
In momenti come quello avrebbe dato qualsiasi cosa pur di poter tornare da lei... Qualsiasi cosa, pur di risentire il suo profumo, il suono della sua voce...
In momenti come quello sentiva una profonda spaccatura dentro di sé... più profonda e dolorosa di qualsiasi ferita avesse mai ricevuto.
In momenti come quello desiderava con tutta l’anima di poter tornare indietro, a quell’ultimo momento.

L’ultimo momento della sua vita.

L’ultima volta che l’aveva vista piangere...
... per lui.


‡ – ‡ – ‡


Kisshu riaprì gli occhi.
Ichigo era sparita. Il suo sorriso non esisteva più.
E cosa gli era rimasto? Nient’altro che sofferenza. Schiacciante, insopportabile sofferenza.
Ma non poteva continuare così... doveva reagire.
Doveva farsi forza... da solo.


‡ – ‡ – ‡


“Ciao, Mi-Zori”
La ragazza si sedette di scatto sul letto, chiaramente sorpresa di vederlo.
Passò qualche secondo prima che gli parlasse.
“Ciao, Kisshu. Che sei venuto a fare?”, chiese Zori con tono di sfida. “Anzi, no, come non detto.”, fece subito dopo, come se volesse cancellare la prima frase.
Guardandolo dritto negli occhi, disse: “Mi dispiace per stamattina. Sono stata petulante, lo riconosco. E’ uno dei miei peggiori difetti...”
“Non sei tu quella che...”, cominciò Kisshu, confuso suo malgrado.
Zori si stava scusando con lui? Non doveva essere il contrario?
“Sì?”, fece lei, curiosa.
“Lascia perdere. Comunque non c’era bisogno che ti scusassi”
Zori sorrise.
Erano seduti uno di fronte all’altra, sul letto di Zori, in silenzio.
Strano ma vero, a Kisshu non veniva in mente nulla da dire.
Si accontentava di ammirare il colore degli occhi di lei, e sembrava che questo non le desse fastidio.
“Allora... come mai da queste parti?”, chiese Zori allegramente.
Non gli sembrava per niente arrabbiata, ne’ tantomeno spaventata.
Strano. Si era aspettato che lo fosse.
“Oh, sai...visto che ero da queste parti, ho pensato di passare a darti la buonanotte.”
“Davvero? Strano, pensavo avessi ancora fame...”
Kisshu ridacchiò. “No, in realtà sono venuto per assicurarmi che tu domani venga all’allenamento. E che ci resti... In due giorni di lezione non siamo mai riusciti ad arrivare fino alla fine della mattinata.”
Anche Zori rise sottovoce. “Ieri me ne sono andata io, oggi tu... domani toccherebbe a me, ma se vuoi tiriamo a sorte...”
“Comunque domani ci sarò”, continuò lei, improvvisamente intimidita.
Kisshu rimase in silenzio.

“Beh, buonanotte... immagino che tu sia stanco”
Le labbra del ragazzo si curvarono in un sorriso malizioso. “Non tanto, a dire il vero...”
Zori arretrò impercettibilmente, incrociando le braccia in un inconscio impulso di difesa. Naturalmente, questo gesto lo spinse ad avvicinarsi di più a lei.
“Ehm... i-io invece sono molto stanca, perciò... se non ti dispiace...”
“Dormi pure, se ti va”
“E tu?”, chiese Zori con un filo di voce.
Le accarezzò una guancia, delicatamente.
La ragazza avvampò.
“Ti imbarazzi davvero per poco, Mi-Zori...”, disse divertito.
La pelle del suo viso scottava sotto le sue dita. Le prese il mento, assorto.
Zori non reagiva. Sembrava che non respirasse nemmeno.
Quasi riusciva a sentire il battito frenetico del cuore della ragazza, il pulsare del sangue nelle sue vene. La tensione dei muscoli.
A differenza di Zori, Kisshu era calmo. Sapeva sempre essere calmo, in situazioni del genere. Per lui era quasi un gioco, ormai.
Eppure, in quella sua freddezza lo assalì ancora una volta quella odiata sensazione di malinconia, mille volte peggiore di prima.
Dolore. Atroce dolore. Tutto quello che gli era rimasto.

“E’ meglio la morte, a questo punto...”

Non si rese nemmeno conto di averlo detto.
“Cosa?”, chiese Zori, allarmata.
Kisshu la lasciò. “Niente. Lascia perdere. Non capiresti comunque.”
“Come? Non capisco...”, ripeté lei, smarrita.
“Appunto... non capisci.”
Così dicendo, fece per andarsene.
Ma Zori lo trattenne per un braccio. “No, non penserai di andartene così, vero?”, gli disse.
Kisshu si girò a guardarla, lievemente stupito. “Credevo che lo volessi, prima.”
“Prima, sì. Ma adesso no. Voglio che mi spieghi... cos’è che non capirei? A cosa è preferibile la morte? E perché sei venuto qui, stasera?”
Kisshu sorrise, sarcastico. “Cosa ti dà il diritto di farmi tutte queste domande?”
“La stessa che ti ha dato il diritto di attaccarmi senza motivo, baciarmi, andartene di punto in bianco durante una lezione e introdurti in camera mia senza permesso.”, ribattè lei, improvvisamente aggressiva.
“Puoi denunciarmi per violazione di domicilio, se vuoi.”
Zori si zittì per qualche istante.
“Dove andrai adesso?”
Kisshu alzò le spalle. “Non ne ho la più pallida idea. Forse ruberò una navetta e mi lancerò nello spazio. O forse tornerò a casa mia. Dipende.”
“Da cosa? Da come ti gira? Di’ un po’, rifletti mai prima di prendere una decisione?”
“A volte sì. Dipende.”
La ragazza alzò gli occhi al cielo, esasperata. “Tu non sei normale...”

Tu non sei normale...

Tu devi essere pazzo!


Com’era crudele, il destino... sembrava ce l’avesse con lui...

“Questo non dovevi dirlo...”, ringhiò infuriato.
In un attimo la situazione si capovolse. Si ritrovò a tenerla per i polsi, come la prima volta che si erano incontrati.
“No, non dovevi dirlo, Mi-Zori... Sapevo che non avresti capito... Nessuno può capire. Nessuno!”
“Ma perché fai così?!? Perché...”, protestò Zori.
“Perché? Perché non sono normale, l’hai detto tu stessa! Di cosa ti stupisci? E’ così che si comportano i tipi come me, no?”
“NO!”
“Come sarebbe, no? Non ti va bene neanche così? Allora dillo che ti piace scherzare col fuoco, piccola...”, sibilò ridendo.
La spinse sul letto, tenendola sempre per i polsi.
“No, ti prego, no! Ascoltami, Kisshu, ti prego!”
“Shh... non gridare così, piccola, altrimenti ci sentiranno...”

Ecco, adesso non era più calmo... Non lo era più, sentiva il sangue rimbombargli nelle orecchie, l’adrenalina scorrergli nelle vene...
Che cosa voleva? Mettere a tacere quella ragazza, che tanto gli ricordava Ichigo? Zittire la voce della sua coscienza?
Non era poi così difficile, in quel momento.
Tutt’altro: era estremamente facile... Più facile del previsto...
Avrebbe davvero potuto farlo, in quel preciso istante.

Se solo lei non si fosse messa a piangere...


‡ – ‡ – ‡


La situazione era precipitata un’altra volta.
Anzi, era peggio delle altre volte, orrendamente peggio.
Ed era talmente difficile comunicare con lui... Talmente difficile... Ogni suo tentativo era inutile...

Inutile...

“Ti prego, Kisshu... lasciami... io volevo solo... volevo solo...”, singhiozzò Zori, incapace di trattenere le lacrime.
“Volevi solo? Continua, sono curioso... Cosa volevi fare, capirmi? Aiutarmi?”, chiese lui con cattiveria.
Zori annuì. “Sì, io volevo sapere... volevo sapere che cosa ti rende così triste!”
Il ragazzo sbarrò gli occhi.
“Che cosa?”
“Oh, Kisshu...”
“Zori... ma allora tu...”, fece lui confuso.
In un attimo le lasciò i polsi.
Poi le asciugò delicatamente gli occhi e le guance.
La ragazza sospirò.
Era finita. La crisi era passata di colpo, proprio come era arrivata.
Sollevata, Zori pianse ancora un po’.
Kisshu non parlava. Si limitava ad accarezzarle i capelli, aspettando che lei finisse di sfogarsi. Quando Zori appoggiò la testa contro il suo petto, Kisshu la strinse a sé, senza smettere di sfiorarle dolcemente la testa.
“Mi dispiace, Mi-Zori... mi dispiace tanto...”, le sussurrò con amarezza. “Devo veramente essere pazzo, per averti fatta piangere un’altra volta...”

Non poteva crederci. La stava abbracciando... Riusciva a sentire il suo respiro, il suo calore...
Che importanza aveva tutto il resto? Perché si preoccupava di una cosa così futile?
L’importante era che in quel momento la stava stringendo a sé, il resto non contava...

“Kisshu...”

“Che cosa c’è, piccola?”

“So che può sembrare stupido, ma... ti prego, non lasciarmi...”

Non lasciarmi, amore mio...


‡ – ‡ – ‡


Sigh, sigh... vi prego, prima le note... prima le note, sennò mi commuovo...

Note & commenti:
(*): Yumiko: “Aah!! Ma sono già arrivati?!? Zori, sei ancora in tempo per fuggire... Scaaappa!!
(**): Yumiko: “NOOO!!! Non ci credo, Pai cordiale?!? Ma è un’utopia!!”
Autrice: “Si, beh, in effetti... ma è perché è nel suo habitat naturale... Sulla Terra era stressato, ecco perché si comportava da... ehm...”
Yumiko: “Asociale?”
Autrice: “Ecco, sì! Non mi veniva il termine tecnico!”
Yumiko: “Preparatevi, la fine del mondo è vicina! Non solo Pai si comporta come una persona NORMALE, ma Miranda non ricorda un aggettivo... Diluvio universale!!”
Autrice: -.-
(***): Taruto: “Eh, già... sapeste che razza di cibo mi tocca mangiare di solito...”
Pai: “Che cosa vorresti insinuare??”
Taruto: “Che la tua cucina non è delle migliori, ecco!!”
Pai: “Come... come osi?? IO sono bravo in TUTTO, hai capito?? In TUTTO!!”
Kisshu: “Che manie di grandezza...”
Pai: “Zitto, tu! Nessuno ti ha interpellato!”
Kisshu (con i lacrimoni): “Ma perché siete tutti così cattivi con me??”
Fan club di Kisshu (con un urlo che si sente fino a Barcellona) :“PAI, CHIEDIGLI SUBITO SCUSA!!!”
Pai: -.-
(****): Rietta & Autrice, in un duetto degno di un’opera lirica: “MORI MARK!!! MORI CAVALIERE BLU!!!”
Autrice: “Scusate, ma questo dovevamo proprio dirlo!”
Rietta: “Ah, adesso sì che mi sento bene!!”
Autrice: “A chi lo dici!”
Rietta: “Dovremmo farlo più spesso...”
(5*): Autrice: “Certo, Kisshu... non avevi niente di meglio da fare, eh?”
Kisshu: “Guarda che è la verità!”
Zori: “Ah, è così? Quindi io sarei la ruota di scorta?”
Kisshu: “Ma no... che vai a pensare? Io non vedevo l’ora che la cena finisse per poterti parlare a quattr’occhi!”
Zori: “Beh, se è così...” (lo abbraccia)
Kisshu: (ricambia l’abbraccio) ♥♥

Autrice: “Eh.. terzo incomodo, come al solito! Me ne vado, me ne vado!” (esce a testa bassa)


‡ – ‡ – ‡


Ok gente, che dire... il capitolo, originariamente (ovvero quando ho scritto l’introduzione) non doveva finire in questo modo. Però poi, vuoi per un motivo vuoi per un altro, mi è venuto così. Spero vi sia piaciuto!! In caso contrario, non dovete fare altro che dirmelo...
Probabilmente questo sarà l’ultimo capitolo che posterò, prima delle vacanze estive.
Ebbene sì: vi sto scrivendo il 3 di giugno, ed è mezzanotte e mezza... tra una settimana terminerò la scuola e inizierò le vacanze... e ovviamente i personaggi della FF verranno con me... hanno già preparato i costumi!!
Purtroppo, nel posto dove andrò in vacanza non c’è internet, per cui il mio prossimo cap. lo posterò a settembre!!
Chissà cosa succederà ai nostri eroi, dopo il cap. 8??
Mistero. Io di sicuro non lo so...
Posso solo dirvi che ci saranno sorprese esplosive... e un nuovo, grande viaggio!

(E io, mannaggia, riuscissi a trovare uno straccio di amore estivo, una volta tanto... ma anche questa è un’utopia.)
(Perciò mi accontento di un vampiro! ^^ Solo uno, mica un clan... è chiedere troppo?!?)

Che ne dite? Siete contente di esservi liberate di me?
Gioite pure, mie care lettrici (e, perché no, magari anche lettori...), ma sappiate che... RITORNERO’!!!
Buahahahahah!!!
Bene, credo di aver esaurito i deliri...

... per ora.

‡ – ‡ – ‡


Perciò... Buona estate a tutti!!
A presto...


† Miranda- chan †


P.s.: Mi raccomando, recensiiite!! (Che quando torno voglio trovare i vostri commentini!!)
Grazie 100000000000000.... A settembre! ^ o ^
 


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