7. Confusione
I wish I had an angel
- vorrei avere un angelo-
For one moment of love
-per un momento d’amore-
I wish I had your angel tonight
-vorrei avere il tuo angelo stanotte-
Intro: ok gente, questo capitolo è veramente, ma VERAMENTE incasinato. Il titolo
dovrebbe essere eloquente... però, proprio per questo, mi piace tantissimo!!!
Bando alle ciance: avete letto il ritornello di “Wish I had an angel” dei
Nightwish, la canzone a cui ho accennato nel capitolo precedente...
Tutto merito de “la” Ste, se adesso ascolto queste meravigliose canzoni!! La
ringrazio ancora una volta, anche se dubito leggerà questa ff... ad ogni modo...
grazie!!
E grazie anche a voi, naturalmente!! Buona lettura.
“Dove sei stato per tutto questo tempo, accidenti a te?!?” lo accolse Pai appena
ebbe varcato la soglia di casa.
Non gli rispose nemmeno. Si limitò a lanciargli un’occhiata ironica per poi
dirigersi verso il tavolo ed afferrare un pezzo di pane scuro.
Taruto lo guardò spalancando gli enormi occhi arancioni. Stava per porgli
l’ennesima domanda, ma non gliene lasciò il tempo.
Si fermò solo quando ebbe raggiunto la camera e sbarrato la porta.
Doveva fare una cosa importante... non gli andava di essere disturbato.
Adesso...
Si ritrovò nello stesso posto di quella mattina. Di fronte allo specchio.
Non era passato nemmeno un giorno... gli sembravano secoli, ed era passato solo
un pugno d’ore!
Ed anche lui, sembrava sempre lo stesso.
Eppure...
C’era qualcosa che lo bloccava.
Addentò di malavoglia il pane che era riuscito a prendere prima di sfuggire
all’interrogatorio del fratello.
Non ci capiva più molto.
Quella sua uscita di scena... avrebbe potuto tranquillamente farne a meno...
avrebbe dovuto, in effetti, spiegarsi con lei... ma non era mai stato molto
bravo ad esprimere quello che veramente voleva...
E anche lei, andiamo! Gli aveva chiuso la porta in faccia!
Se l’era meritato.
Mi chiedo chi dei due sia il più confuso, in questo momento...
Si lasciò cadere stancamente sul letto.
Sulla Terra non si sarebbe mai concesso una simile debolezza... anche perché non
c’erano proprio, i letti. Per ottenere una migliore resa combattiva, lui e i
suoi fratelli utilizzavano la Rigenerazione. Non dormivano mai veramente,
cadevano in trance per un paio d’ore e quando riemergevano era come se avessero
dormito dodici ore di fila. Un’invenzione utile, anche se non sembrava avesse
fatto la differenza...
Basta, si disse. Basta pensarci, o finirò per impazzire.
Anche se, forse, un po’ pazzo lo era già. Glielo dicevano tutti...
“Tu devi essere pazzo!” Ricordava ancora le parole che Ichigo gli aveva urlato
quel giorno. Aveva cercato in tutti i modi di farle capire che ci teneva
davvero, a lei. Ed era stato maledettamente sincero, quel giorno.
Ma nemmeno la sincerità aveva funzionato.
Gli venne da ridere, improvvisamente. Era tutto troppo assurdo per essere
vero...
Si stava ripetendo. Stava commettendo lo stesso, identico errore.
Si stava...
... innamorando?
No. Non aveva senso.
Non era innamorato di Zori, figurarsi. Non si sentiva attratto da lei.
Era solo un po’ curioso.
Provava un senso di familiarità quando guardava quei suoi occhi così crudelmente
simili a quelli di Ichigo, ma non era affascinato dalla ragazza stessa.
E allora perché l’hai baciata, Kisshu?
Si coprì gli occhi con le mani, come se facendolo potesse in qualche modo
scacciare quel pensiero.
Già, perché?
Sogghignò, passandosi le mani tra i capelli e tentando di trovare una risposta a
quella domanda.
Probabilmente perché mi diverto a farmi male
e perché non capisco quando sarebbe meglio fermarmi
e perché, quando me ne accorgo, non riesco a frenarmi
e così finisco per distruggere tutto
Ma non era questo che volevo
io volevo solo essere felice
anche solo per una volta
anche solo per un attimo_
Aveva salvato la sua gente, lasciando la Terra.
Ma aveva ucciso sé stesso.
_e nessuno verrà a salvarmi_
† — † — †
“E tu che cosa hai fatto?” le chiese Kazune appena Zori ebbe finito di
raccontare.
Stavano camminando attorno al campo di addestramento n°5 da quasi dieci minuti.
Asteri era appena sorto e rischiarava i volti tesi delle due amiche.
La ragazza non rispose subito. Continuava a guardarsi nervosamente attorno,
temendo che lui spuntasse fuori da un momento all’altro. Non voleva farsi
cogliere impreparata un’altra volta. Non l’avrebbe sopportato.
“Ehi...” Kazune la guardò con fare premuroso. “Tutto bene? Se vuoi ti accompagno
a casa... non devi restare per forza, se non te la senti”
“Si, mi sa che tornerò a casa. Non so nemmeno perché sono venuta...” disse Zori
con una punta di sarcasmo nella voce. “Che stupida...”
“Non dire queste cose... sei solo confusa. Vedrai che tra poco passerà...”
ribattè tranquillamente Kazune, scuotendo la lunga chioma dorata.
“Dai, vieni... usciamo di qui.” (*)
Zori la guardò, dubbiosa. “Sei sicura che per te non sia un problema? Non vorrei
farti iniziare il secondo giorno di lezione in ritardo...”
“Figurati! Manca ancora un sacco di tempo... e poi la mia insegnante è
simpatica... non se la prenderà se dovessi arrivare in ritardo di qualche
minuto” rispose l’altra convinta.
Zori si mise a fissare il cielo, abbattuta. Non se la sentiva di continuare con
quella recita.
Si sentiva così debole e depressa... forse dipendeva anche dal fatto che non
aveva praticamente chiuso occhio, quella notte. Era rimasta tutto il tempo a
rimuginare sul come, sul perché, sul cosa, sul dopo... Non era riuscita a darsi
pace.
Ed alla fine era tornata a quel maledetto campo di addestramento.
A domani...
Le aveva detto proprio così, non se l’era immaginato.
Ebbene, quel domani era arrivato velocemente.
Troppo velocemente, in effetti.
Non si sentiva pronta a rivederlo... Si sarebbe sciolta come un cubetto di
ghiaccio in un forno.
Era terrorizzata al pensiero che potesse dirle qualcosa di offensivo, che
potesse metterla in ridicolo di fronte a tutta la cittadina.
Aveva paura che la ferisse, dicendole che si era trattato solo di uno stupido
scherzo...
“Quello che non sopporto...” proruppe con tono irritato, “... quello che proprio
non sopporto è il fatto che non abbia voluto darmi spiegazioni! Insomma, prima
si è accanito contro di me, poi mi ha baciata e infine si è sentito in diritto
di andarsene senza dirmi nient’altro! No, aspetta, qualcosa mi ha detto: ‘A domani’. E poi è sparito. E mi ha lasciata
lì, ti rendi conto? E ora io cosa
dovrei fare, me lo dici? ‘A domani’! Ma dove, domani? Quando? Qui non si vede, a
casa mia non si è presentato... non so più cosa pensare...” Era al colmo della
disperazione.
Kazune le prese la mano. “Adesso calmati. Forse dava per scontato che tu saresti
venuta all’allenamento, stamattina... Magari tra poco arriva”
“E per fare cosa? Si calerà di nuovo nei panni del sadico insegnante di arti
marziali, per poi farsi trovare appollaiato su un albero questa notte?”
“Intendiamoci: perché sei venuta qui, stamattina?” le chiese l’amica.
“Beh, mi sembra ovvio! Voglio delle spiegazioni! Voglio avere un colloquio
normale, da persona civile a persona civile!” rispose furiosa Zori.
“Ma... tu cosa provi per lui?” domandò la bionda, abbassando leggermente il tono
della voce.
Zori si fermò. Dove aveva già sentito quella domanda?
Ricordò le gallerie buie della città vecchia, ricordò i frequenti black-out che
facevano sprofondare la gente nell’oscurità.
Era molto piccola allora, aveva si e no sette anni.
Ed era stato in quel giorno, un giorno così simile alla notte, che aveva
provato, per la prima volta, l’amore.
Era successo tutto per puro caso: si era trovata sola nel posto e nel momento
sbagliati. Stava per mettersi a piangere forte. Ma poi era arrivato lui... non
era più grande di lei, eppure, appena lo aveva visto, si era sentita al sicuro.
Era stata la prima e l’ultima volta che l’aveva consolata.
La prima e l’ultima volta che l’aveva abbracciata, che le aveva parlato
gentilmente, con dolcezza.
La prima e l’ultima volta, si era ripromessa, che avrebbe amato qualcuno.
Domanda: ci si può innamorare di una persona a sette anni?
E se sì, si può riuscire ad amare quella persona ininterrottamente per cinque
anni, sopportando tutte le prese in giro e la freddezza da parte di colui che sa
di essere la persona più importante della tua vita e che, nonostante questo, ti
tratta come una povera stupida?
Zori aveva potuto. C’era riuscita... Il suo amore non corrisposto era andato
avanti per cinque anni. Aveva sofferto per cinque anni. Questo, per lei, era
l’amore.
Quando finalmente era riuscita a voltare pagina, si era fatta una promessa: non
si sarebbe mai più innamorata di nessuno.
Mai più.
Cosa provi per lui, Zori?
Possibile che tu non ti renda conto che è solo un bastardo?
Come puoi essere così cieca? Come puoi farti trattare in questo modo da quello
stronzo?
Ma io lo amo!
Devi lasciarlo perdere, Zori! Devi fare finta che non esista, punto e basta!
Non ti merita...
Devi lasciarlo perdere...
Lasciarlo perdere...
Possibile che stesse per commettere lo stesso errore di un tempo?
Possibile...
Più che possibile, in effetti. Probabile.
“Non ne sono sicura” rispose con sincerità. “Mi ha colta di sorpresa, ieri
sera... non credevo fosse capace di una cosa simile. A meno che non si trattasse
di uno scherzo... Cosa molto probabile, per altro...” Ignorò l’espressione
esasperata dell’amica e prosegui, abbassando lo sguardo: “Ma se così non
fosse... Se non stesse scherzando, io... Non so cosa farei...”
“Ti sentiresti infastidita?” tentò Kazune.
“No... Ne sarei felice, dopotutto... Potrei anche provare a ricambiare,
chissà...”
“Quindi ti piace???” chiese l’altra euforica.
Zori arrossì leggermente. “Non lo so... forse un po’ sì....” ammise a
malincuore.
“NON POSSO CREDERCI!!!!” gridò esultante Kazune. “Finalmente, finalmente, Zori!!
Era ora!! Cominciavo a credere che non avessi un cuore... Beh, se lo vedi
ricordati di ringraziarlo da parte mia!!”
“....”
“E allora, non mi dici niente?” La bionda sorrise maliziosamente e le girò
attorno. “Come hai intenzione di dirglielo? Perché glielo dirai, vero?”
“Oh, cavolo.” sussurrò Zori terrorizzata.
“Che c’è?” domandò Kazune.
“C’è che potrai ringraziarlo di persona, se vuoi... Visto che è arrivato.”
† — † — †
Zori considerò rapidamente le alternative. Poteva fare finta di non averlo visto
e pregare che lui non l’avesse notata... e scappare ancora una volta.
Oppure poteva restare ed affrontarlo, nel vero senso della parola.
Tutto sommato, forse mi conviene restare... Non voglio tornare a casa... Non
voglio subire di nuovo le prediche dei miei...
Vorrei solo riuscire a fare la scelta giusta, una volta tanto...
“Qual è?” le chiese Kazune, curiosa.
Zori inghiottì a fatica. “Quello a sinistra, con i capelli verdi”
“Ah... e così è lui...” rifletté l’altra assorta. “Carino, però! Faresti bene a
non fartelo scappare...” disse poi con un sorrisetto insolente stampato sulle
labbra.
“Ti prego, risparmiami... E adesso cosa faccio?? Accidentiaccidentiaccidentiaccidenti!!!” bisbigliò nervosamente la ragazza.
“Il campo si sta riempiendo di gente... tra poco si comincia! E tu, cosa hai
deciso di fare? Sei dei nostri?”
“Non vedo altre soluzioni... Ormai sono in gioco anche io” rispose rassegnata
Zori.
Kazune ridacchiò. “Beh, io ho visto Tajar, vado a salutarla! Faresti bene ad
andare anche tu dal tuo insegnante” le disse allegramente “E fagli capire chi
comanda!”
“Ma...” Zori non fece in tempo a finire la frase che l’amica era già a dieci
metri di distanza, diretta verso Tajar, la sua insegnante dai capelli rosso
fuoco.
Sono stufa della gente che non mi lascia finire di parlare!, pensò furiosamente
la ragazza.
Ma il problema rimaneva.
Doveva andare lei a salutarlo, o era meglio aspettare che la vedesse?
Vai là e basta. Quanto ci vuole? E’ facilissimo.
Si faceva presto a parlare. Prima ancora di incrociare il suo sguardo, Zori
sentì il rossore che le invadeva il viso. Gli si avvicinò a passo di marcia,
tanto era nervosa.
Sperava di fare in tempo ad arrivare da lui prima che si accorgesse della sua
presenza, ma ovviamente non successe: la vide quando lei era ancora a cinque
metri di distanza, con il cuore che batteva all’impazzata.
Controllati... continua a camminare...
Non sembrava particolarmente sorpreso di vederla. Evidentemente si aspettava che
sarebbe arrivata...
Che arrogante...
“Ehilà, Mi-Zori!” esclamò allegramente lui.
Sembrava tranquillo. Percorse gli ultimi metri che li separavano con una
leggerezza che Zori non sarebbe mai riuscita ad imitare, e le arrivò vicino.
Troppo vicino? Non le pareva.
Ok, adesso dovresti parlare.
“Ehm.. Ciao” Oh, perfetto. Sei un genio, Zori. Sei riuscita a trovare la cosa
più banale da dire.
Cercava di non guardarlo direttamente negli occhi, per conservare quel poco di
razionalità che le era rimasto. Ma era estremamente difficile non distrarsi,
anche perché lui sembrava intenzionato a catturare il suo sguardo.
“Come hai passato la notte?” le chiese sarcastico.
Quella domanda la fece arrossire ancora di più, sia per la vergogna che per la
rabbia.
Era sicura che le avrebbe detto qualcosa del genere... Era un comportamento
caratteristico dei tipi come lui.
“A questo proposito, vorrei chiarire subito una cosa.” Prese fiato e lo guardò
in faccia.
“Se sono tornata è perché voglio delle spiegazioni... riguardo a ieri sera, non
certo per farmi trattare come ieri mattina. Quindi, se non ti dispiace...”
In quel momento cadde nella trappola dorata delle sue iridi. I suoi occhi erano
accesi dal divertimento. Lo sentì sogghignare.
“Che cosa ci trovi da ridere??” gli chiese irritata, riuscendo a distogliere lo
sguardo.
Kisshu sorrise. “Credevo di essermi scusato per ieri mattina”
“Ed io accetto le tue scuse.. Però devi spiegarmi lo stesso perché l’hai fatto”
continuò Zori, irremovibile.
Kisshu fece finta di non capire. “Dovrei spiegarti perché mi sono scusato?”
“No! Quello l’ho capito da sola, grazie!” fece spazientita la ragazza. “Voglio
che mi spieghi perché... perché ieri sera... mi hai...” abbassò lo sguardo,
imbarazzatissima.
Lui continuò la frase tranquillamente, spostando la testa verso il basso nel
tentativo di catturare nuovamente il suo sguardo. “... perché ti ho baciata?”
Zori annuì impercettibilmente, più rossa del suo vestito.
Si sorprese molto quando lo sentì ridere fragorosamente. Vide un paio di persone
girarsi curiosamente a vedere.
Si sentì ancora peggio.
“Adesso basta! Smettila di trattarmi come una stupida!” gli sibilò.
Lui si fermò, con un sorriso divertito sulle labbra. Le stesse labbra che la
sera prima... Ma non voleva pensarci.
“Ti sei preoccupata per quello?” disse trattenendo le risa. “Sei proprio
impressionabile, Mi-Zori... Comunque quello non era un bacio. So fare molto di
meglio, se mi impegno...”
Zori fece finta di non sentire la malizia nella voce del ragazzo e concluse,
miracolosamente indifferente: “Quindi non intendi dirmi il perché. Fa lo stesso.
Me ne vado.” Si girò e si avviò decisa verso l’uscita.
Kisshu la trattenne per un polso. “E dai, non dirmi che ti sei offesa...”
“E lasciami!” sbottò arrabbiata lei. Non era disposta a restare in quel posto un
minuto di più. Ormai era chiaro: per lui quel bacio non significava niente, come
Zori aveva sospettato fin dall’inizio. Che senso aveva continuare ad illudersi?
“Dove pensi di poter andare?” le chiese lui volando al suo fianco. “La tua fuga
di ieri ha messo in allerta le guardie all’uscita. Non puoi uscire prima
dell’orario stabilito senza un permesso”
“Non dire assurdità. Non c’erano sentinelle all’uscita, ieri.”
“L’importante è che ci siano oggi” osservò Kisshu.
Zori dovette dargli ragione quando vide i due soldati di guardia ai cancelli.
Era chiusa dentro. Ironia della sorte.
Kisshu atterrò dolcemente vicino a lei. “E adesso cosa farai, Mi-Zori?”
“Ti interessa?” ribattè la ragazza, irritata per l’ennesima volta.
Lui sorrise. “Molto”
“Perché?” Non si aspettava una risposta, ma glielo chiese lo stesso.
“Semplice: mi incuriosisci. Sei strana! Fai delle domande assurde...” rispose il
ragazzo.
“Io sarei strana? Senti chi parla!” ribattè incredula Zori.
I due stettero in silenzio per un momento.
Poi il comandante annunciò l’inizio delle lezioni.
† — † — †
Le coppie si formavano in modo più libero del giorno precedente. L’atmosfera era
più distesa ed in pochi minuti tutti avevano scelto un proprio posto nel campo.
Quasi tutti, in effetti.
Era difficile capire quello che passava per la testa a Zori.
Nonostante questo, Kisshu non era preoccupato. Sapeva che prima o poi la ragazza
avrebbe ceduto. Che altre alternative aveva? Andare dal comandante sarebbe stato
inutile. Quel vecchio scorbutico non le avrebbe certo concesso di uscire senza
un motivo valido...
Soddisfatto, si concesse il piacere di guardarla più da vicino. Senza
quell’espressione arrabbiata sarebbe stata più carina, ma anche così non era
male. Guardava fisso per terra e teneva le braccia incrociate, diffidente.
Non si fidava ancora di lui.
Non vedeva l’ora di farle cambiare idea. Non gli piaceva quando era imbronciata.
“Devi ancora rispondere alla mia domanda” le suggerì. Lei si riscosse e lo
guardò, sospettosa.
“Se è per questo, anche tu.” ribattè guardandolo storto.
“Non molli, eh?” fece lui sorridendo.
Zori fece qualche passo in avanti e si abbassò a sfiorare con la punta delle
dita un fiore lilla che era timidamente spuntato dal terreno. “Facciamo che io
rispondo alla tua domanda se tu rispondi alla mia. Mi sembra uno scambio equo,
no?” disse un po’ più dolcemente.
Kisshu fece finta di pensarci su. “Direi di sì. Comincia tu.”
La ragazza sbuffò, rialzandosi in piedi.
Passò un altro attimo di silenzio, mentre i due si squadravano a vicenda. Poi
Zori parlò.
“Se sei disposto... e se credi di potermi insegnare qualcosa di utile... Posso,
per così dire, concederti una seconda possibilità” Aveva un tono leggermente
ironico, che Kisshu non si lasciò sfuggire.
“Quale onore!” esclamò accennando un inchino.
Zori abbozzò un sorriso.
“Visto che me lo chiedi, credo che potremmo iniziare con qualcosa di più
complicato del corpo a corpo... Come per esempio le evocazioni o...”
Lei lo interruppe, vivamente interessata. “Cosa intendi per evocazioni?”
Il suo sguardo incuriosito gli fece sentire una stretta al cuore, ma Kisshu
cercò di non badarci.
Ce la stava facendo... forse sarebbe riuscito a farsi davvero perdonare, per una
volta...
“Intendo questo” e così dicendo fece apparire nella mano sinistra un Para-Para.
La medusina volteggiò pigramente in aria, agitando i tentacoli viola pallido in
direzione del terreno.
Zori lo guardò, trattenendo un’esclamazione di meraviglia. “Wow...” disse
avvicinandosi per vedere meglio. “Ma che cos’è? A cosa serve?”
Kisshu rise sottovoce. “Non lo sai? E’ un Para-Para. Una specie di parassita. Si
lega ad altri organismi viventi e li trasforma in esseri più... evoluti ” Fece
una pausa e si accorse che la ragazza lo guardava attentamente, ascoltando ogni
parola della sua spiegazione.
Gli fece oltremodo piacere.
Ammiccando, continuò: “Però, ora che ci penso, è probabile che la maggior parte
della gente non sappia di cosa si tratta. Sono una scoperta recente, ed erano
ancora in fase di sperimentazione quando...” si bloccò all’improvviso.
Perché doveva sempre finire per pensare alla Terra?
Accidenti a me...
Era una sensazione strana, essere guardato da quegli occhi in quel modo...
niente sguardi spaventati o carichi di disprezzo... Solo vivo interesse...
“Ma...” iniziò Zori, sempre più curiosa.
“Sì?” chiese lui riscuotendosi.
“...Li avete creati voi, mediante l’ingegneria genetica?” domandò.
Ingegneria genetica...
Si possono fare miracoli, con il DNA...
Se riesci a trovare gli incroci giusti...
“No.. esistevano già, vivono nel subspazio. Un nostro compagno li scoprì per
puro caso, circa cinque anni fa... Da allora li abbiamo studiati a lungo e poi
abbiamo deciso di utilizzarli nei combattimenti. Sono molto utili, possono
trasformarsi in vere e proprie macchine da guerra...”
“Capisco...” Zori osservò il Para-Para, che si librava a pochi centimetri dalla
mano di Kisshu.
“Posso?” gli chiese accennando all’essere.
“Uh? Vuoi tenerlo in mano?”
La ragazza annuì.
“Se vuoi... Ma fai attenzione, a volte pungono” soggiunse lui.
Zori allungò la mano. Il parassita volteggiò dalla mano di Kisshu a quella di
lei, senza mai appoggiarvisi. “Che strano...” disse la ragazza, emozionata.
“Ti dà fastidio?” chiese lui.
“No... sento una specie di formicolio alla pelle, tutto qui. E’ ...piacevole, in
un certo senso...”
Kisshu sorrise, soddisfatto. Sembrava molto più socievole, adesso. Forse poteva
permettersi di scherzare un po’...
“Non ti starai mica innamorando, vero?”
La ragazza arrossì. Per un attimo pensò che l’avrebbe mandato al diavolo, invece
si limitò a restituirgli il Para-Para in fretta e furia. L’essere si aggrappò
alla sua mano con i tentacoli.
“Ah!” esclamò lei con una smorfia di dolore.
“Kisshu... Che cosa s-sta facendo?” gli chiese preoccupata.
“E’ solo un po’ permaloso, non aver paura. Basta che tu tenga la mano ferma...
dovrebbe staccarsi da solo. Ti ha punta?”
“Credo di sì...” ammise Zori.
“Ecco, dallo a me” disse Kisshu prendendolo in mano e facendolo sparire. “Fa’
vedere la mano...”
† — † — †
Zori gliela diede, ancora un po’ esitante. Non le faceva molto male, ma era
preoccupata lo stesso. Entrare in contatto fisico con una creatura
sconosciuta... che mossa poco intelligente...
“Tranquilla, è superficiale... guarirà in un giorno” la rassicurò Kisshu.
Le sembrava così strano... Era troppo diverso dalla mattina precedente. Non
sembrava nemmeno la stessa persona...
Sentì la leggera pressione delle dita del ragazzo sul dorso della mano.
Lo guardò, ma lui non la vide. Le stava osservando la mano, ne seguiva il
contorno con le dita come se si trattasse di un oggetto molto prezioso.
“...Ne sei sicuro?” gli chiese Zori. Quel suo silenzio la metteva a disagio,
temeva che stesse per ricadere nel lato pericoloso della sua stranissima
personalità. Doveva riconoscerlo: non aveva mai incontrato una persona con un
carattere simile.
Si sentiva persa, senza punti di riferimento.
Kisshu alzò lo sguardo dalla sua mano e la guardò, improvvisamente confuso.
“Sicuro?”
“Sì... sei sicuro che guarirà in fretta?” precisò Zori, chiedendosi a che cosa
mai stesse pensando.
Lui fece un sorriso forzato. “Certo, non preoccuparti”. Le lasciò la mano.
“Allora”, riprese con tono allegro, “ti va di imparare ad evocarli?
Personalmente credo che potresti farcela senza troppe difficoltà, pur essendo
lievemente imbranata..”
“Imbranata io?? Come ti permetti??” fece lei, fingendosi offesa.
In realtà si sentiva improvvisamente felice, quasi euforica. La giornata stava
andando meglio di quanto avesse osato sperare: stava per imparare qualcosa di
nuovo e di interessante.
Per di più, c’era lui ad insegnarglielo. Forse non aveva ricevuto tutte le
risposte che voleva, ma la situazione che si era creata non le dispiaceva per
niente, anzi. Ne era felice.
Sorrise e gli disse, con un filo di imbarazzo: “Allora... cosa devo fare?”
† — † — †
Il tempo passò in fretta. Zori era un’ottima allieva; forse un po’ troppo
titubante all’inizio, ma dopo un po’ di pratica era riuscita ad ottenere i primi
risultati. Kisshu la seguiva da vicino, dandole qualche consiglio di tanto in
tanto, ma era perlopiù lei a fargli delle domande.
Era estremamente curiosa.
“Quali altre creature si possono evocare, oltre a queste?” gli chiese mentre
osservava il piccolo Para-Para che aveva fatto apparire con un po’ di fatica.
“Non molte” ammise Kisshu. “Però si possono evocare molti oggetti, come armi o
piccoli strumenti di analisi”
“Ah, si! Mio padre ne fa spesso uso... è un Ricercatore” esclamò la ragazza.
“Però non mi ha mai insegnato ad evocarli...”
“Beh, con gli oggetti è più complicato. Devi conoscere l’oggetto specifico prima
di poterlo richiamare... non ne puoi evocare uno a caso.” spiegò lui.
Zori annuì, pensierosa.
Kisshu la osservò.
Era estremamente piacevole passare del tempo con lei. Lo faceva sentire
rilassato, quasi in pace. Per la prima volta dopo settimane apprezzò veramente
il colore del cielo, la delicatezza del vento tiepido che gli sfiorava la pelle,
il profumo dei piccoli fiori di campo.
D’improvviso, gli venne un’idea.
“Me lo daresti un attimo?” chiese gentilmente. Zori glielo passò con cautela,
attenta a non muovere la mano troppo rapidamente.
Kisshu prese il parassita e lo toccò con la punta delle dita. Il piccolo essere
si illuminò di una luce gialla.
“Prova ad appoggiarlo vicino a quel fiore” le suggerì restituendoglielo. Zori lo
guardò con una strana espressione, ma non disse nulla.
Quando il Para-Para si avvicinò al fiore lilla, la pianta cominciò a vibrare.
Poi il parassita entrò nel terreno.
Zori fece un passo indietro. “Cosa succede?” chiese a bassa voce.
“Adesso vedrai...” sussurrò Kisshu dolcemente, mettendole una mano sulla spalla.
La ragazza si irrigidì.
“Kisshu...” sospirò Zori, incerta.
Lui sorrise, incapace di nascondere il divertimento. “..Sì?” le chiese
avvicinandosi un altro po’ al suo viso.
La ragazza abbassò lo sguardo, rossa in volto.
Kisshu la costrinse ad alzare il viso, cercando però di non metterci troppa
forza. “Perché..” le chiese a bassa voce, “.. non mi guardi negli occhi?”
† — † — †
Stava succedendo di nuovo.
Non riusciva a pensare, non riusciva nemmeno a respirare.
Poteva solo lasciarsi trascinare nel vortice dei suoi occhi dorati, talmente
chiari e vicini ai suoi che quasi la accecavano.
Le sue pupille, ridotte a fessure, squarciavano il mare ambrato nel quale stava
affogando...
Fu attraversata da un unico, vividissimo pensiero: E’ troppo bello per essere
vero...
Era così, doveva riconoscerlo: più osservava il suo viso, più se ne
innamorava... e, per quanto si sforzasse di combattere il magnetismo del suo
sguardo, finiva sempre per esserne sconfitta...
Si sentiva inchiodata a lui... incatenata, incapace di muoversi...
Non si sentiva al sicuro, ma non era nemmeno spaventata... era una via di mezzo,
quello che provava: riusciva ad intuire la forza nascosta in quello sguardo...
sapeva che non c’era da stare tranquilli, insieme a lui...
Ma avrebbe dato qualsiasi cosa per restare sempre con lui, sempre bloccata in
quel modo, in quel momento...
Un altro pensiero la colpì, con una forza ancora maggiore: la certezza...
L’unica cosa di cui era sicura, veramente, era che lo amava, e che era troppo
tardi per tornare indietro: non avrebbe potuto mentire a sé stessa...
Lo amava...
Tutto il resto scomparve. L’affetto, l’amore che aveva creduto di provare per
cinque anni, diventava cenere paragonato a quello che provava adesso...
Hai bruciato tutto, Kisshu... Tutto.
Una luce improvvisa la risvegliò.
Le girava la testa...
Che cosa è stato?
Riuscì a mettere a fuoco e si accorse di una pianta dai fiori viola che brillava
alla luce del sole. Una pianta che prima non c’era...
“Questo è un esempio di cosa può nascere dall’unione di un parassita con della
materia organica....” La sua voce le sembrò totalmente diversa da prima, ma
sapeva che era solo una sua impressione. Non lo aveva visto spostarsi, ma adesso
era in piedi vicino alla pianta appena nata. Guardava lei, però. Come se si
aspettasse una sua reazione o un suo commento.
Zori dovette sforzarsi molto per riemergere da quella specie di trance. Sospirò.
“E’... molto bella. Non ne avevo mai viste di così particolari” disse infine
avvicinandosi per toccarne le foglie morbide. I fiori erano più grandi di quello
a cui si era unito il parassita.
“Resterà sempre così?” chiese incrociando lo sguardo del ragazzo ed arrossendo
quasi istantaneamente.
“Finché qualcuno non la distruggerà” rispose lui noncurante.
“Spero che non succeda”
“Ah, non temere! E’ più resistente di quanto sembri” fece lui allegramente.
“Allora, cosa ti va di fare adesso?” chiese poi con una punta di malizia nella
voce.
“Ehm... pensavo andassimo avanti con le evocazioni...” tentò Zori.
Kisshu sbuffò, alzando gli occhi al cielo. “Sono tre ore che andiamo avanti con
le evocazioni...” “Davvero? Sono passate in fretta... Ma non mi sento ancora
sicura... devo prenderci la mano...”
Kisshu ridacchiò. “Sei già abbastanza brava... Semmai domani. Non va mai bene
ostinarsi troppo su una cosa sola...”
Zori cercò di non mostrarsi troppo nervosa. “E quindi... cosa proponi di fare?”
Lui la osservò in silenzio per qualche secondo. “C’è una cosa che non mi è molto
chiara...” fece assorto.
“Davvero? Che cosa?”
Kisshu sorrise furbescamente, lanciandole un’occhiata che non prometteva nulla
di buono. “Ho notato che ieri mattina, mentre combattevamo...”
...ovvero mentre eri in preda ad una crisi di sadismo..., pensò automaticamente
la ragazza.
“... sei riuscita ad evitare alcuni miei colpi che, modestamente, avrebbero
messo in difficoltà soldati molto più esperti di te...”
...sempre molto modesto, vedo...
Zori non disse nulla. Sperava che non se ne fosse accorto... dopotutto quella
era la sua arma segreta, il suo asso nella manica. Non ci teneva a rivelare il
suo segreto... solo Kazune sapeva che aveva quella capacità, oltre,
naturalmente, ai suoi genitori.
Kisshu le si avvicinò nuovamente, senza mai staccarle gli occhi di dosso.
Dovette sforzarsi molto per reprimere l’istinto di indietreggiare.
“Oltre a questo, Mi-Zori, ho notato che, prima di evitare i miei attacchi, ti
succedeva qualcosa di strano...”
“Qualcosa di strano?” domandò innocentemente lei.
“Sai bene a cosa mi riferisco... le tue pupille... si dilatavano in modo
impressionante...” fece improvvisamente serio.
Zori rabbrividì. Non sapeva se la inquietava di più quando sorrideva
malignamente o quando diventava serio.
E adesso cosa gli dico?
† — † — †
Gli stava nascondendo qualcosa. Non ci voleva certo un genio per capirlo...
E il suo sesto senso gli diceva che i suoi sospetti erano fondati.
Ma la ragazza taceva, chiaramente allarmata nonostante facesse di tutto per
nasconderlo.
Ti si legge come un libro aperto, Mi-Zori...
I suoi occhi erano oscurati dalla preoccupazione.
Sei così sensibile, così fragile... Come puoi pretendere di riuscire a
sopravvivere nell’esercito?
“... Non me lo vuoi dire?” chiese con tono suadente.
“Cosa dovrei dirti, scusa?” fece lei sulla difensiva. “E inoltre, prima di fare
altre domande, dovresti rispondere alla mia” aggiunse distogliendo lo sguardo.
“Ah, no... non adesso” sbottò lui, infastidito perché aveva sviato l’argomento.
Zori lo guardò, incredula. “Ma... mi avevi promesso che mi avresti dato una
risposta!”
“Ti ho detto che te l’avrei data, non che te l’avrei data oggi” puntualizzò
Kisshu.
“Ma... ma...” balbettò lei.
“Ma cosa?” chiese Kisshu, perdendo interesse. Non sopportava le ragazze
insistenti... lo innervosivano e basta.
“NON E’ GIUSTO!!” proruppe Zori. “Io credevo... credevo che fossi una persona
che mantiene le promesse, Kisshu! Avevamo fatto un patto, e tu sei tenuto a
rispettarlo...”
Kisshu rise. Era la cosa più sbagliata che potesse dirgli.
“Io non sono tenuto a rispettare un bel niente, piccola sciocca. E poi devi
smetterla con questa storia del bacio. Puoi stare tranquilla: non succederà più,
te lo assicuro”
Non credeva che potesse essere così fastidiosa...
Senza pensarci, si alzò da terra. Non gli andava più di stare lì... Ma perché
diavolo la faceva tanto lunga? Perché tutti non facevano altro che addossargli
responsabilità che non gli appartenevano? “Kisshu... dove... dove vai?” gli
chiese Zori con voce tremante.
“Vado a fare un giro... tu continua pure senza di me” rispose senza degnarla di
uno sguardo.
Il cielo lo accolse, così puro ed immenso. (**)
Eppure, mentre si allontanava da lei, si sentì male.
Come se avesse dimenticato qualcosa di molto importante.
Come se si fosse separato da una parte di sé stesso.
† — † — †
Che ve ne pare? Vi è piaciuto questo settimo capitolo?
Cavolo, spero tanto di sì!! Sono due settimane che ci lavoro su e a me sembra
che sia venuto abbastanza bene. E’ il capitolo più lungo che io abbia mai
scritto!!
E Kisshu, come lo trovate? Un po’ troppo bastardo, o ho centrato il carattere?
E’ che ho sempre paura di farlo diverso da come è “in realtà”...
E Zori? Trovate che sia ancora troppo sensibile?
Rietta: “Quante domande... ma lasciali un po’ in pace, poveri lettori!!”
Autrice: “Cosa vuoi... è un capitolo pieno di domande (molte delle quali senza
risposta... vero Kisshu??)”
Kisshu (con una faccia da funerale): “Che cavolo vuoi?!?”
Autrice: “Niente, niente... qualcosa non va?”
Kisshu: “Non va che siamo al settimo capitolo e non è ancora successo NIENTE!!
Sto cominciando ad annoiarmi...”
Autrice: “Uff, ma perché hai così tanta fretta?? Siamo solo all’inizio...” (si
gira verso gli spettatori) “Anche perché ho intenzione di continuare ancora
parecchio con questa FF... mi dispiace per voi, non vi libererete di me così
facilmente!!!” (segue una risata da assatanata che vi risparmiamo)
(fortunatamente Rietta prende in mano la situazione) : “D’accordo, siamo tutti
molto stanchi ed è ora di andare a dormire... passiamo alle note e poi a
nanna...”
Note & commenti (demenziali..)
(*): Sono perfettamente consapevole che questa frase è identica a quella che
dice Aoyama nella puntata n°4 “Appuntamento con spavento” (una delle mie
preferite, tra parentesi), ma non mi veniva in mente altro!!
Spero possiate perdonarmi...
(**): Yumiko: “Siiiiiii!!!!! Finalmente è morto!!!! Hai fatto la cosa giusta,
Zori!!!”
Autrice: “MA COSA DICI?!?!? Hai frainteso tutto!!!”
Yumiko: “Oh... peccato...”
Ah, un’ultima cosa: che ne pensate di Kazune? Si ispira molto ad una mia cara
amica, sia come aspetto sia come carattere... Io la trovo adorabile!
† — † — †
Spero che recensiate in molte... adesso è meglio che vada davvero a nanna, visto
che domani ho un compito di greco e mio padre continua a lanciarmi occhiate
furtive dalla sua postazione strategica davanti al computer...
A presto, dunque... anche perché credo che posterò questo cap. insieme al numero
8, quindi... A prestissimo!!!
Miranda - chan