Intro al Capitolo: Primo Intermezzo… incentrato principalmente su Ryou! (Per la gioia delle sue numerosissime fan!) U.U
*** Sospetti ***
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Intermezzo n°1
Ryou diede un’occhiata assonnata alla hall del Caffè Mew Mew.
Era deserto.
Ovvio: erano le undici di mattino ed erano ancora chiusi!
Sbadigliando, spinse i battenti di legno rosa della porticina che dava sulla
cucina del locale, puntando dritto verso la macchinetta del caffè: non era sua
abitudine alzarsi così tardi, ma la sera prima era andato a dormire a notte
inoltrata (praticamente all’alba), dopo aver passato molte, molte, molte, lunghe
ed interminabili ore ad arrovellarsi il cervello davanti al computer assieme a
Keiichirou.
Uno sforzo inutile, visto che non riuscivano a cavar fuori un ragno dal buco…
Dopo la semi-distruzione di Tokyo ad opera di Profondo Blu, ben pochi dei
sensori che avevano installato all’inizio del μ-project erano ancora attivi, ma
alcuni di questi avevano ripreso a captare degli strani segnali da almeno una
decina di giorni.
Forse era un malfunzionamento causato dall’alterazione della triangolazione dei
sensori, forse recepivano solo piccole fluttuazioni elettromagnetiche dovute ad
interferenze con i residui di Acqua Mew che si erano sparsi per la città, forse
erano solo piccole scariche energetiche senza importanza prodotte dai mutamenti
del microclima locale in seguito alla crescita smisurata di vegetazione, o
forse…
…Forse c’era qualcosa che non andava, forse quella pace che avevano a lungo
sospirato era durata già troppo…
Tuttora, Ryou non ne aveva assolutamente idea, e nemmeno Keiichirou aveva una
spiegazione per quegli strani eventi.
Dal canto loro, i tanto sofisticati quanto inutili computer del laboratorio non
li aiutavano minimamente: si limitavano a segnalare, con quei piccoli,
irritanti, puntini luminosi lampeggianti sul monitor, delle zone sparse a caso
per la città, senza aggiungere nulla sulla natura di quei fenomeni.
Lui e Keiichirou erano andati a controllare un sacco di volte, ma non avevano
trovato un bel niente.
Tutto ciò era terribilmente frustrante.
Sfilò la tazzina di porcellana avorio dalla macchina per l’espresso e soffiò un
paio di volte sul liquido bollente, sperando che l’aroma penetrante del caffè
riuscisse a svegliarlo un po’, quindi si diresse svogliatamente verso l’ingresso
del locale, per andare nel cortiletto esterno, a prendere un po’ d’aria fresca.
Ma, a pochi passi dal pesante portoncino di legno intagliato, fu fermato dallo
squillo martellante del telefono.
E adesso chi è lo scocciatore che chiama a quest’ora di mattino? Si domandò
irritato.
Lì per lì, pensò di non rispondere, ma poi, visto che non smetteva di suonare,
si arrese.
Si sporse oltre il bancone, allungandosi fino a raggiungere quel maledetto
telefono ed infine riuscì a sollevare la cornetta.
“Moshi moshi, qui è il Caffè Mew Mew. Come posso esserle utile?” disse, con meno
entusiasmo della sua tazzina di caffè. (*)
Nell’apparecchio risuonò una fastidiosa vocetta maschile
“Shirogane-san, sei tu? Sono Aoyama!”
Ryou ebbe un attimo di disorientamento, seguito da un altro attimo di
voltastomaco... XD
“Sì, sono io” rispose, piatto.
Non era davvero la persona con cui preferiva avere a che fare, specie alle
undici del mattino, specie dopo aver dormito poco e malissimo…
“Come fai ad avere questo numero?” gli chiese poi, cercando (faticosamente) di
non sembrare seccato.
“L’ho preso dall’elenco, nella cabina telefonica.” Spiegò brevemente Aoyama.
“Shirogane-san, sai dov’è Ichigo?”
“Ichigo?” ripetè Ryou, perplesso. “Come faccio io a saperlo?”
“Vuoi dire che non è al Caffè?”
“No, qua ci sono solo io!”
E il mio caffè che sta diventando freddo…
“Avevamo appuntamento alle nove al parco dietro la scuola, ma lei non si è fatta
vedere! Ho telefonato a casa e non mi ha risposto nessuno e il suo cellulare non
è raggiungibile. Pensavo che fosse successo qualcosa… Ichigo mi ha detto che
avete rilevato delle nuove presenze ostili… ma se nemmeno tu l’hai vista…”.
Il tono preoccupato del ragazzino contagiò anche Ryou.
“D-dici sul serio?” domandò.
Poi prese velocemente a ragionare.
“Ok, Aoyama, fai così: resta al parco ancora per un po’, sappiamo che Ichigo non
sa essere puntuale. Intanto prova ancora a chiamarla al cellulare. Io vado a
cercare Keiichirou e vediamo di trovarla con il computer. Se ci sono novità
chiamami!”. Gli riattaccò velocemente il telefono senza aspettare una sua
risposta e si avviò rapidamente giù per le scale, nel laboratorio.
Raggiunto lo stanzino, scostò una sedia dal disadorno tavolino di formica bianco
e si sedette, facendo scorrere velocemente l’indice sui pulsanti d’accensione
dei computer.
“Ryou? Cosa succede?”
Il ragazzo biondo si voltò per scorgere Keiichirou entrare nell’oscurità del
locale.
“Ho sentito squillare il telefono e poi ti sei precipitato giù per le scale
facendo un gran baccano…” disse Keiichirou, allarmato.
“Ha chiamato Aoyama. Dice che non riesce a trovare Ichigo da nessuna parte!
Quella cretina… chissà in che guaio si è cacciata stavolta!” spiegò, nervoso,
mentre tamburellava le dita sul case del computer principale, aspettando che
finisse di caricare i programmi.
Dopo pochi minuti, i due ragazzi stavano studiando una cartina di Tokyo sul
monitor, su cui erano impresse le registrazioni delle ultime dodici ore: si
vedeva chiaramente le posizioni di Minto, Retasu, Purin e Zakuro, intervallate a
diversi di quei fastidiosi puntini lampeggianti verdi…
Ma di Ichigo nemmeno l’ombra.
“Non c’è! Com’è possibile che sia scomparsa nel nulla?” esclamò febbrilmente
Ryou, fissando lo schermo.
“Non possiamo dirlo con certezza.” Provò Keiichirou “Lo sai che la copertura dei
sensori non è più completa… e poi il raggio di ricezione è di soli 240 Km,
potrebbe essere in un’altra città”. Anche se cercava di stare calmo, si sentiva
chiaramente che stava iniziando anche lui a preoccuparsi.
Studiò con più attenzione la piantina.
“Cos’è questo?” domandò, puntando il dito contro un pallino luminoso sullo
schermo.
“Vorrei saperlo anch’io!” sbottò Ryou.
Poi però guardò meglio: qualunque cosa fosse, era vicino alla casa di Ichigo,
proprio lungo alla strada che portava verso la sua scuola…
Il biondino scattò in piedi.
“Keiichirou, io vado a controllare di persona, tu resta qua e guarda se riesci a
raccogliere qualche altra informazione! Ci sentiamo tra mezz’ora!” tagliò corto.
Quindi uscì velocemente dal laboratorio buio.
***
Ryou appoggiò la moto sul cavalletto, parcheggiandola di fianco alla recinzione
della casa di Ichigo e si sfilò il pesante casco rosso lucido, che scintillò
sotto il sole di mezzogiorno. Il venticello freddo che soffiava gli colpì il
viso accaldato dall’imbottitura spessa del casco, mentre studiava la costruzione
di fronte a lui.
Era sorprendentemente rimasta intatta, assieme a tutto il resto del quartiere,
anche se gli spazi tra le abitazioni erano disordinatamente costellati di
numerosi alberi, cespugli e piante rampicanti chiaramente non posti lì da mani
umani.
Ma la strada davanti a lui era deserta.
Non c’era nulla di strano, nessun segno che facesse pensare ad uno scontro, o
anche ad una semplice aggressione…
Anche se sapeva in partenza quanto fosse inutile, imboccò il vialetto della casa
e suonò al campanello un paio di volte, poi, visto che nessuno veniva ad aprire,
chiamò addirittura a gran voce il nome della ragazza in direzione del terrazzino
della sua camera, ma gli risposero solo un paio di uccellini, che cinguettavano
in modo odiosamente allegro sulla grondaia.
Era chiaro che Ichigo non si trovasse lì: era sicuro che in quella zona della
città i sensori fossero ancora in grado di recepire i segnali del suo ciondolo,
e invece sul computer del laboratorio non si vedeva un bel niente.
Uscì dal vialetto, chiudendosi il cancelletto di metallo alle spalle e si avviò
a passi lenti lungo la strada che declinava dolcemente in direzione della
scuola, cercando di prestare attenzione ad ogni dettaglio che potesse rivelargli
una qualche informazione…
…invece non trovò nulla: nemmeno un pezzetto di stoffa, una bruciatura sul
selciato, una macchietta di sangue…
Arrivò frustrato alla fine dalla stradina, che si apriva su una piccola piazza
in cui quel giorno era stato allestito un chiassoso mercato, gremito di gente.
Un paio di bambini gli passarono davanti ridendo, con due grossi lecca-lecca
rossi in mano, scomparendo tra due bancarelle straripanti di verdure.
In un posto del genere, era molto improbabile che Ichigo potessero essere stata
aggredita… doveva essere accaduto prima, lungo la strada deserta che aveva
appena percorso.
Ma questo non gli dava nessun indizio utile ai fini del suo ritrovamento.
Il ragazzo aprì la cerniera del giubbotto di pelle nera che indossava e da una
tasca interna tirò fuori il cellulare, su cui batté velocemente un numero.
“Keiichirou…” mormorò al telefonino “Avverti le Mew Mew che Ichigo è scomparsa…
e dì loro di stare all’erta: potrebbero essere le prossime vittime…”
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Note:
(*) “Moshi Moshi” è il tipico saluto che si rivolgono i giapponesi al telefono.
Anche se Ryou è americano, immagino si sia adattato, no?