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*** 3. Quando Mancano le Parole ***
~ * ~
By Kisshu
God, you dont know that I live with a tons of regret |
Dio, non sai che io vivo con tonnellate di rimorsi |
(Break Me, Savage Garden) |
Era tardo pomeriggio e cominciava ad imbrunire.
Kisshu era appollaiato su un palo della luce (O_o) e osservava pensieroso tutti
quegli umani che correvano pochi metri sotto di lui, affrettandosi per tornare a
casa in tempo per la cena.
Come diavolo facevano a non vederlo? Possibile che fossero sempre così assorti
nei loro pensieri? Abituati a vivere in quel pianeta così clemente, la loro
testa riusciva solo a perdersi in tante fesserie…
Se solo avesse davvero voluto, ne avrebbe potuti fare fuori chissà quanti prima
che loro avessero il tempo di accorgersi di cosa stesse succedendo…
Ma non era più lì per quello…
Lo scopo per cui si era allenato duramente per anni aveva perso ormai ogni
significato…
Ora però non era il momento di piangersi addosso, aveva altro a cui pensare:
aveva lasciato Ichigo nella sua stanza quella mattina, dopo averla rapita e
costretta a baciarlo, quindi se ne era andato a sbollire quella smania sulla
Terra.
Dopo che si era comportato così, cosa poteva fare per addolcirla un po’ nei suoi
confronti?
Per farle cambiare idea verso di lui?
“Pensa Kisshu…” iniziò a ripetersi sottovoce.
Quante volte si era fatto quella maledetta domanda?
“Addestramento militare… addestramento militare… “ prese a massaggiarsi le
tempie insistentemente. “Cosa ti hanno insegnato?”
“Come conquistare la fiducia del nemico…”
Le aveva già provate tutte…
Il suo stomaco brontolò… -.-“
“Trovato!” esclamò battendosi il pugno sul palmo della mano sinistra.
“Qual è il modo migliore per guadagnarsi la fiducia di un animale? Potevo
pensarci prima?” sorrise.
Infondo la sua Ichigo era una gattina selvatica… (*)
***
Silenziosamente si materializzò davanti alla porta della sua stanza. Si guardò
attorno ma non vide nessuno dei suoi compagni, per fortuna.
Entrò dentro alla triste costruzione quadrata e nella penombra scorse la ragazza
raggomitolata sul letto, con le braccia strette attorno alle ginocchia e il viso
nascosto sotto la frangetta rossa.
Le si avvicinò e si sedette di fianco a lei.
“Ciao Ko-Neko-Chan” le disse a bassa voce.
Ichigo non gli rispose né si mosse.
Lui non si lasciò scoraggiare e posò il piccolo fagottino che aveva portato con
sé sulle sue ginocchia.
Era il suo gesto gentile per conquistare la sua fiducia…
“Ti ho portato qualcosa da mangiare! Guarda!” le disse sorridendo, sciogliendo
il fazzoletto che fasciava la piccola scatola blu.
La ragazza scostò appena il viso e si intravidero i suoi occhioni marroni, tra i
capelli, fissare la scatoletta del bento.
“Voi umani mangiate tutti i giorni, vero?” domandò Kisshu, un po’ incerto,
mentre ispezionava il contenuto della scatola. Non aveva la più pallida idea di
cosa fosse quella roba…
Un flebile “Sì” uscì dalla gola della ragazza. “Mangiamo almeno tre volte al
giorno” aggiunse atona.
“Ah… come noi”
Quel silenzio era molto fastidioso… l’alieno afferrò dalla scatola quello che
gli sembrava più commestibile.
“Questo sembra buono! Vuoi assaggiarlo?” domandò porgendo alla ragazza una
polpettina di granchio fritta. “No? Allora lo mangio io…”
Kisshu prese ad assaporare concentrato il cibo terrestre. Non era proprio
schifoso…
Visto che aveva parecchia fame, iniziò a spazzolarsi il contenuto della scatola,
sperando che Ichigo gli dicesse qualcosa, ma la ragazza continuava a restare
immobile con il viso nascosto tra le ginocchia.
Dopo aver fatto fuori quasi metà del bento, chiuse la scatoletta e la poggiò in
fondo al letto. “La lascio qua Ichigo… così se dopo ti viene fame…”
Ma perché non gli diceva nulla?
Titubante, allungò una mano sulla sua spalla. “Senti, bambolina, dimmi cosa devo
fare con te perché così mi stai esasperando!” tentò.
“Non toccarmi!” mormorò lei senza alzare il viso.
“E-eh?” domandò lui, tirando indietro la mano.
“Ho detto di non toccarmi” ripeté lei con voce dura. “Puoi fare una cosa sola:
riportami a casa! Subito!”. Si voltò fissandolo malevolmente negli occhi.
“No” tagliò secco Kisshu. “Ti ho portato qua per uno scopo ben preciso e
resterai con me. Non discutere! Non hai voce in capitolo!”
“E qual è questo scopo? Eh?” sbraitò Ichigo sbattendo improvvisamente le mani
sul letto. “Vuoi che venga con te? Non sei ancora soddisfatto? Vuoi anche
divertirti con me? Vuoi vedermi piangere di dolore, mentre ti imploro di
smetterla? Ti piacerebbe, vero? Ti piace come ti fa sentire, eh? Tu… TU MI FAI
SCHIFO!”
Quelle parole gli piovvero addosso come una secchiata di acqua gelida.
La guardò senza sapere cosa dire.
Ma per che razza di persona lo aveva preso?
Certo che la desiderava… ma non in quel modo… almeno… non solo così…
Aveva cercato di farglielo comprendere già innumerevoli volte… Come faceva a
essere così sciocca?
“Devi smetterla, stronzo! Smettila! Tornatene da dove sei venuto! Possibile che
là non ti sia trovato uno straccio di ragazza? Noi siamo diversi, capisci?
D-I-V-E-R-S-I! Due specie diverse! Vai a dare fastidio alle donne del tuo
pianeta!” gli urlò istericamente Ichigo in faccia, arrabbiata come non l’aveva
mai vista.
“Non ha importanza se siamo diversi… e poi nemmeno tu sei totalmente umana…” le
rispose lui, cercando a stento di mantenere un minimo di controllo, sotto quella
valanga di insulti.
“Ancora con questa storia! Se tu te ne fossi già andato io sarei tornata umana
al 100%! Come puoi comportarti in questo modo? Come puoi provare tutto questo
odio? Possibile che tu non abbia qualcuno a cui volere bene sul tuo pianeta? Ci
sono i tuoi amici e la tua famiglia e…”
A questo punto Kisshu non ci vide più. Afferrò Ichigo per le spalle e prese a
scuoterla violentemente.
“Adesso sta zitta! Non sai di cosa stai parlando! Non osare mai più parlare del
mio pianeta e della mia gente! Hai capito?”.
Iniziò a stringerle le mani attorno al collo, desiderando di ricacciarle in gola
quelle maledette parole.
Quel collo così sottile e fragile che sembrava spezzarsi sotto le sue dita…
“Smettila…!!!” gli sibilò con ferocia, piegandole indietro la testa.
Sul suo pianeta…
Cosa ne poteva sapere lei delle miserie in cui era abituato a vivere?
I suoi amici…
Cosa ne poteva sapere del casino che aveva combinato con Pai e Taruto?
La sua famiglia…
Cosa ne poteva sapere della fine che aveva fatto la sua famiglia?
E soprattutto…
Qualcuno a cui volere bene…
Cosa ne poteva sapere di cosa lo aspettava quando sarebbe tornato a casa?
“Se tu mi ascoltassi! Se solo mi avessi ascoltato in tutto questo tempo! Dannata
ragazzina! Tutto questo non sarebbe successo!”
Ichigo lo fissava con gli occhi spalancati, mentre un suono strozzato le usciva
dalla bocca socchiusa.
Ma che sto facendo?
Lasciò immediatamente la presa, indietreggiando. Aveva il respiro accelerato
dallo scatto di rabbia.
La ragazza ansimò portandosi le mani alla gola.
Perché doveva sempre andare a finire così?
Maledizione!
Si passò infastidito il dorso della mano sulla guancia.
Si accorse inorridito che era umida.
Ma che…?
Stava sudando?
O stava… piangendo?
Possibile?
Restò lì impalato a guardare la ragazza singhiozzare silenziosamente a pochi
passi da lui, nella penombra. Non ci riusciva. Non riusciva a spezzare quel muro
che Ichigo aveva messo verso di lui… continuando così stava solo facendo del
male a tutti e due… Eppure erano mesi che questa storia andava avanti! Ma perché
non riusciva a darsi pace?
Perché…
Perché… in fondo lui non aveva nulla da perdere…
…tranne la sua gattina ovviamente…
“Pai ha ragione… io devo essere pazzo!” mormorò passandosi la mano tra i capelli
scompigliati. Uscì rapidamente dalla stanza…
***
Kisshu si guardò a lungo nello specchio, sotto la luce fredda della lampada al
neon.
La copiosa quantità d’acqua fredda che si era buttato in faccia gli aveva
inzuppato la frangia e i due ciuffi di capelli che teneva legati ai lati del
viso. Si asciugò alla bella e meglio con un asciugamano, quindi uscì dal piccolo
bagno dell’astronave e percorse lo stretto corridoio centrale, rischiarato solo
dalle piccole luci guida situate alla base delle pareti.
Passò davanti alle cuccette, ma erano vuote. Di Taruto neanche l’ombra. Spariva
spesso negli ultimi giorni...
Uscì silenziosamente dal portellone principale e diede un’occhiata in giro.
Fuori c’era solo Pai. Nonostante fosse ormai tarda sera, stava ancora
smanettando attorno all’astronave.
Era assolutamente instancabile.
Kisshu rimase un po’ a fissarlo in silenzio. Non si era accorto della sua
presenza.
Si strofinò gli occhi per l’ennesima volta, sperando che non si vedesse che
erano arrossati.
“Pai…” chiamò quindi.
Doveva assolutamente distrarsi.
“Uh?” L’alieno si sfilò da sotto il reattore. Era tutto impiastricciato di olio
scuro e aveva una faccia stanca.
“Come va?” gli domandò, più per spezzare quel silenzio che per interesse.
“Il reattore è ingolfato, ma non riesco a capire perché. Sto cercando di dargli
una ripulita. Ma andrebbe smontato…”
Poi lo scrutò attentamente. “Hai un’aria strana Kisshu… che hai fatto?” gli
domandò con un filo di preoccupazione.
L’alieno, sentendosi colpito sul vivo, distolse lo sguardo. “Niente… mai stato
meglio! Ma non sei stanco di stare lì sotto a fare carezze e moine alla tua
fidanzata?” disse, indicando maliziosamente la nave con un cenno del capo.
“Qualcuno deve pur farlo! E se nessuno mi dà una mano…” iniziò acido.
“Pai! Così mi offendi! Sai che non mi permetterei mai!” esordì l’alieno dagli
occhi dorati.
Pai scosse la testa e si rinfilò sotto il reattore.
“Scherzi a parte, sai che avrei voglia di fare?” domandò Kisshu.
“Non oso immaginarlo…”
“A-l-l-e-n-a-m-e-n-t-o!” scandì lui, con un ghigno divertito.
Pai lo ignorò.
“Ehi! Non fare finta di niente! Sono due settimane che stiamo con le mani in
mano! Quando torneremo a casa saremo così rammolliti che ci infileranno tutti e
due con la testa nel gabinetto come due mocciosi” sbottò.
“Kisshu, tu devi essere davvero senza cervello! MA TI SEMBRA CHE HO TEMPO DA
PERDERE A FARE A CAZZOTTI CON TE???” sbraitò Pai da sotto l’astronave. “Ho da
riparare questo maledetto guasto adesso, altrimenti a casa non ci torneremo
più!”
“Abbiamo aspettato tanto, possiamo aspettare anche un altro giorno. Tanto più
che non sembrano molto ansiosi di vederci…”
“No!” tagliò secco Pai.
“Avanti!” lo incitò Kisshu, materializzandosi di fianco a lui e dandogli una
pedata nelle costole.
A quel gesto, Pai si sfilò nuovamente da sotto il reattore si tirò a sedere,
guardandolo malamente.
“Non puoi risolvere tutto facendo a botte o cercando di uccidere qualcuno, sai?”
gli disse.
“Dici?” domandò Kisshu, fissandolo con le braccia incrociate e con un sorrisetto
arrogante stampato sulle labbra.
“Ma d’altronde, quella faccia da imbecille che ti ritrovi può bastare a farmi
cambiare idea…” ringhiò divertito Pai.
“Benissimo!” ghignò Kisshu aiutandolo ad alzarsi. “Allora, facciamo così: niente
armi e niente teletrasporto, solo una bella scazzotata, Ok?”
“Fine come sempre…” osservò l’altro.
Quindi si spostarono su un’altra di quelle costruzioni fluttuanti, lontani
dall’astronave e si piantarono ad un paio di metri uno dall’altro, studiandosi a
vicenda.
“Ah… sei pronto? Sembri già stanco!” osservò Kisshu, mentre iniziava a
saltellare entusiasta, sciogliendo i muscoli ancora in tensione.
Pai si limitò a fissarlo freddamente, ruotando un paio di volte il collo sulle
spalle.
Con un grido incitatorio, il primo si lanciò contro il compagno cercando di
colpirlo al viso, ma questo schivò il colpo spostandosi di lato.
Senza demordere, si produsse in una raffica di pugni.
Pai li deviò uno ad uno facendoseli scorrere sugli avambraccio, indietreggiando
appena.
Kisshu mirò allora allo stomaco, ma Pai gli bloccò il braccio, afferrandogli il
polso, quindi contrattaccò cercando di colpirlo al collo con la destra, di
taglio.
Rapidamente, il più giovane alzò il braccio libero per parare il colpo, ma Pai
gli afferrò anche questo e incrociandogli le estremità, lo immobilizzò.
“Hai ragione… in due settimane hai perso colpi, Kisshu” gli sibilò divertito in
faccia.
Kisshu si liberò con uno strattone e con un movimento rapido ruotò su sé stesso
e gli piazzò un calcio nello stomaco.
“Ah! Anche tu!” esclamò compiaciuto, guardandolo vacillare.
L’altro si riprese prontamente e fece per sferrargli a sua volta un calcio, ma
Kisshu lo schivò con un salto e riatterrò più avanti con una capriola.
Quindi ripartì all’attacco.
Era molto nervoso e non riusciva a concentrarsi bene. E anche se Pai sembrava
stanco, non riusciva a colpirlo come avrebbe sperato.
E bravo Kisshu… si disse ironico.
Nel frattempo, mentre cercava di dargli un calcio, Pai gli bloccò la gamba,
stringendosela contro la vita con il braccio sinistro e, ruotandogli
all’esterno, lo colpì con una gomitata nelle costole che lo spedì per terra.
Kisshu si voltò appena in tempo per schivare una seconda gomitata diretta al suo
stomaco, rotolando via.
Si rialzò ansimando. L’ultimo colpo era stato parecchio doloroso e sentiva tutto
il fianco pulsargli.
Stavolta fu Pai a partire all’attacco, cercando di colpirlo con le mani strette
a pugno. Kisshu usò tutta la sua abilità per schivare i colpi e passare al
contrattacco. Riuscì a colpire il compagno un paio di volte all’addome e al
collo, prima che questo riuscisse ad afferrarlo per un braccio e a scaraventarlo
di nuovo per terra.
Quindi gli si buttò nuovamente addosso con una ginocchiata. Vista
l’impossibilità di evitarla, Kisshu si teletrasportò alle sue spalle.
“Questo non era nell’accordo!” osservò contrariato Pai, voltandosi per
proteggersi.
“Sai che io non rispetto mai gli accordi!” ghignò Kisshu, tirandogli un calcio
dietro le ginocchia e facendolo cadere.
“Beh, non importa” considerò Pai, rialzandosi velocemente, mentre il suo
avversario ripartiva all’attacco. “Tanto tu ti scopri sempre troppo!”
Così dicendo, schivò un pugno e con un movimento fulmineo lo afferrò per la
gola. Quindi se lo rigirò dietro al braccio, stringendolo con l’avambraccio e lo
tirò giù, facendolo piegare all’indietro sulla schiena. (**)
“OH! OH! OH!” esclamò Kisshu, tenendosi al braccio di Pai per non cadere per
terra.
“Ok… ho capito…ho capito! Ora ti dispiace mollarmi?!”
Pai lo fissò per un po’, divertito, mentre si dimenava invano per liberarsi.
Quindi lo lasciò, facendolo stramazzare al suolo con un tonfo e fece per
andarsene.
“Già stanco?” osservò ansimante Kisshu, ancora per terra.
L’altro lo fissò con la coda dell’occhio. “Me ne vado a dormire… e tu faresti
meglio a trovare un modo meno seccante di risolvere i tuoi problemi!” disse
gelido, smaterializzandosi.
Kisshu sospirò, stanco, mentre il freddo pavimento di pietra gli gelava la
schiena nuda.
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Kisshu: Che donna violenta… ma perché scrivi certe cose?
Autrice: Ho visto un film di arti marziali in tv prima di scrivere questo
capitolo! Volevo dare una botta di vita alla storia! ^o^
Kisshu: Le uniche botte sono quelle che ho preso io… U_U
Autrice: Se tu hai la testa tra le nuvole mentre combatti, non è mica colpa mia!
Note:
(*) Autrice: Ora mi sei scaduto proprio in basso… -.-
Kisshu: Perché??? O_O
Autrice: Un po’ di romanticismo no, eh?
Kisshu: Senti chi parla…
(**) Autrice: Questo l’ha fatto davvero il mio insegnante di arti marziali ad un
mio compagno… vi assicuro che non è piacevole!
Kisshu: Ho notato!!! >__<